Un giorno, forse, l’uomo conquisterà Marte. Ma dove poserà il piede per la prima volta?
Una nuova ricerca, condotta presso il Mississippi Mineral Resources Institute, ha portato alla luce nuove evidenze della presenza di ghiaccio d’acqua in prossimità della superficie del pianeta rosso. La scoperta, pubblicata su Journal of Geophysical Research: Planets, potrebbe rappresentare una potenziale fonte d’acqua – quindi di carburante, ossigeno e altre risorse vitali – per le future esplorazioni umane.
Ci troviamo in una zona di confine tra Arcadia Planitia e il nord di Amazonis Planitia, due regioni adiacenti situate alle medie latitudini settentrionali di Marte. Proprio lì sono stati individuati tre siti candidati all’atterraggio per missioni robotiche e con equipaggio.
Utilizzando immagini orbitali ad alta risoluzione, in particolare della fotocamera Hirise a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter, i ricercatori hanno identificato diverse caratteristiche geomorfologiche. L’analisi evidenzia una prevalenza di processi legati al ghiaccio, tra cui la periglaciazione, la sublimazione e l’esposizione di ghiaccio puro per via di crateri da impatto. Le strutture osservate indicano la presenza di ghiaccio sepolto a poche decine di centimetri dalla superficie, rendendolo facilmente accessibile per l’utilizzo delle risorse in situ. Non solo: ha anche implicazioni astrobiologiche. Sulla Terra, il ghiaccio può conservare tracce di vita passata e ospitare popolazioni microbiche, quindi potrebbe dirci se Marte è mai stato abitabile. L’analisi ha inoltre rivelato crateri recenti che espongono il ghiaccio direttamente in superficie, confermandone la presenza in diversi punti nei pressi dei siti di atterraggio candidati. Tuttavia, non tutti gli impatti rivelano ghiaccio: la sua distribuzione a queste latitudini risulta quindi disomogenea, probabilmente influenzata dalla natura e dallo spessore del materiale che lo ricopre.
Queste evidenze sono di enorme rilevanza per le missioni di esplorazione futura. Le medie latitudini marziane rappresentano una soluzione ottimale: ricevono abbastanza luce solare per l’energia, pur mantenendo temperature sufficientemente basse da conservare il ghiaccio vicino alla superficie e garantiscono un ambiente termico favorevole per esigenze ingegneristiche. Tutto ciò rende queste latitudini ottimali come siti di atterraggio. Arcadia Planitia, in particolare, è stata già proposta come zona ideale non solo per la presenza di ghiaccio prossimo alla superficie, ma anche per la sua morfologia: lievi pendenze, poche rocce di grandi dimensioni, superficie stabile e adatta ad accogliere veicoli spaziali.
Prima ancora degli astronauti, potrebbe essere necessario inviare una missione robotica in grado di mappare in dettaglio i depositi di ghiaccio, confermarne l’accessibilità, nonché prelevare campioni e determinare se le formazioni presenti in queste zone siano costituite esclusivamente da ghiaccio d’acqua o se contengano anche altri materiali. La ricerca conferma che le regioni studiate sono fortemente modellate da processi legati alla presenza del ghiaccio. E suggerisce che proprio qui, tra Arcadia e Amazonis Planitia, potrebbe iniziare il primo capitolo dell’esplorazione umana di Marte.
In apertura: Marte fotografato dalla sonda Viking Orbiter 1. Crediti: Nasa/Jpl/Usgs.