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Alcuni satelliti in orbita, quando non sono più operativi vengono fatti rientrare in atmosfera facendoli bruciare e disintegrare. Un processo distruttivo poco studiato e in grado di produrre sostanze inquinanti per l’atmosfera.
Per capire meglio tale impatto, è stato monitorato il rientro atmosferico di Salsa, uno dei quattro satelliti della costellazione Cluster di Esa, rientrato l’8 settembre 2024.
A bordo di un aereo dotato di 26 telecamere, un team di scienziati ha monitorato il rientro in diverse lunghezze d’onda della luce, scoprendo che l’inquinamento prodotto dall’incenerimento del satellite si è rivelato più debole di quanto atteso.
La disintegrazione del satellite Salsa è avvenuta in meno di 50 secondi sopra l’Oceano Pacifico. Dopo la prima rottura a circa 80 km di quota, il team ha monitorato il processo di frammentazione del satellite per circa 25 secondi, perdendo le sue tracce a circa 40 km di quota.
Grazie ai filtri di diversi colori delle telecamere, il team ha rilevato durante la combustione il rilascio di litio, potassio e alluminio, non riuscendo tuttavia a svelare quanto di questi composti chimici sia rimasto in atmosfera o sia caduto sulla Terra sotto forma di minuscole goccioline.
Secondo i ricercatori, i serbatoi in titanio per il carburante del satellite, dal peso di 550 chilogrammi, potrebbero essere sopravvissuti al rientro, cadendo così nell’Oceano Pacifico.
I risultati della ricerca sono stati presentati all’inizio di aprile in occasione della Conferenza europea sui detriti spaziali tenutasi a Bonn, in Germania.