X
    Categories: cosmo

Nessun pianeta per Vega

👉 Seguici anche sul nostro canale WhatsApp! 🚀

 

Nuove teorie sui processi che riguardano la formazione dei pianeti ci arrivano da Vega, la stella più luminosa del nostro emisfero, dopo Arturo.

I telescopi spaziali Webb e Hubble hanno permesso una visione senza precedenti dell’anello di detriti che circonda Vega. I risultati sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal su due distinti articoli (1 e 2). Gli astronomi hanno così scoperto che il disco sarebbe privo di indizi che possano far intendere la presenza di pianeti. Secondo le conoscenze attuali, i pianeti inizierebbero a prendere forma dall’aggregazione di polveri e gas contenuti nei dischi circumstellari.

«Vega è un sistema misterioso perché è diverso dagli altri dischi circumstellari che abbiamo osservato – ha spiegato Andras Gáspár dell’Università dell’Arizona, membro del team di ricerca – Il disco di Vega infatti è liscio, tremendamente liscio».

Gli strumenti nell’infrarosso di Webb hanno rilevato un disco con particelle che hanno le dimensioni della sabbia che ruotano intorno a Vega. Hubble invece ha catturato l’alone esterno di questo disco, con particelle, non più grandi della consistenza del fumo, che riflettono la luce delle stelle. La distribuzione della polvere è così stratificata poiché la pressione della luce delle stelle spinge fuori i grani piccoli più velocemente di quelli grandi. Il disco intorno a Vega ha uno spazio vuoto, che va dalla stella fino al doppio della distanza che divide Nettuno dal Sole, ma per il resto è molto liscio, privo di pianeti che vi orbitano al suo interno.

Le stelle mature come Vega, che ha un’età stimata di circa 450 milioni di anni, possiedono dischi di polvere prodotta dalle continue collisioni tra asteroidi e detriti di comete in evaporazione. Anche la polvere che si trova all’interno del nostro Sistema Solare (la cui luce riflessa è chiamata ‘luce zodiacale’) è prodotta da corpi minori che la espellono a velocità elevata. Questa polvere viene poi spinta nello spazio dai pianeti. Studiare gli effetti, che i pianeti producono sulla polvere, permette di rilevarli senza vederli direttamente.

«Stiamo osservando in dettaglio una grande varietà di dischi circumstellari e come questa varietà sia legata ai sistemi planetari sottostanti. Questo permette di scoprire molto di più sulla nascita dei pianeti, anche quando non possiamo vederli – ha detto Kate Su dell’Università dell’Arizona e autrice principale dello studio – Vega ci sta facendo riconsiderare la gamma e la varietà dei sistemi di esopianeti. Ci sono ancora molte incognite nel processo di formazione dei pianeti e penso che queste nuove osservazioni ci aiuteranno a restringere i modelli di formazione dei pianeti».

La stella Vega ha un posto speciale nell’immaginario del genere umano. Fu la prima stella a essere fotografata nel lontano 1850. Si trova a soli 25 anni luce da noi nella Costellazione della Lira ed è 40 volte più luminosa del Sole. E’ la più splendente tra Altair e Deneb con cui forma il noto Triangolo estivo, visibile sulla scia della Via Lattea dell’emisfero boreale. Nell’antichità fu la nostra stella polare e tornerà a indicare il polo Nord celeste alla fine dell’attuale ciclo di precessione, quando l’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre punterà nuovamente la stella estiva.

 

Immagine in evidenza: il disco di detriti di Vega visto da Hubble (a sinistra) e da Webb (a destra) – Crediti: Nasa, Esa, Csa

Barbara Ranghelli: Giornalista scientifica. Da sempre attratta dal cielo, ho iniziato a indagarlo dall’età di 7 anni. Prima con mio zio dalla Sicilia, poi con la rivista di scienza e cultura “L‘Astronomia” fondata da Margherita Hack, che raccontava le Costellazioni attraverso i Miti e infine al telescopio con l’associazione astrofili “Altair” di Ostia. Dopo una lunga parentesi nelle produzioni televisive broadcast, ho frequentato la Scuola di Giornalismo Lelio Basso di Roma e dal 2022 sono iscritta all’Unione Giornalisti Scientifici Italiani.