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Obiettivo Venere

Mentre ci organizziamo per tornare sulla Luna e sogniamo di poter raggiungere un giorno Marte, ingegneri e scienziati stanno sviluppando nuove missioni robotiche per tornare a visitare Venere dopo oltre 40 anni.

La Nasa ha già in cantiere le missioni DaVinci e Veritas, l’Esa è impegnata con EnVision, e in lista d’attesa ci sono anche Cina, Russia e India. La questione è comprendere come un pianeta così simile alla Terra, sia per massa che dimensioni tanto da esser definito nostro “gemello”, abbia avuto un percorso evolutivo così diverso.

Tra le missioni Nasa, la prima a partire sarà DaVinci, nel 2030. Si tratterà di una sonda atmosferica con una tecnologia in grado di raccogliere immagini fino a 40 chilometri dalla superficie, e cioè al disotto delle caratteristiche nubi di Venere, spesse e opache. A quell’altitudine le immagini risulteranno distorte dai gas; saranno quindi rielaborate grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale con la quale si prevede di raggiungere una risoluzione di circa un metro. Per la prima volta, quindi, saremo in grado di vedere i dettagli di rocce, fiumi e valli. Finora quattro sonde del programma sovietico Venera e una del progetto Pioneer Venus della Nasa sono riuscite nell’impresa di atterrare sul pianeta e trasmettere dati, venendo tuttavia distrutte in meno di un paio d’ore dalle condizioni insostenibili dell’ambiente.

Gli scienziati che guidano la missione DaVinci, per sviluppare i nuovi strumenti, stanno raccogliendo le conoscenze delle passate missioni Nasa con destinazione Venere. Lo scopo è raggiungere il pianeta con il maggior numero di dettagli possibile, utilizzando le nuove tecniche di analisi per esaminare i vecchi dati. E così, modellando al computer i dati delle sonde Explorer, Pioneer Venus, Magellano e del vecchio Osservatorio Arecibo a Porto Rico, i ricercatori sono riusciti a riprodurre nuove scale della superficie venusiana, fino a un chilometro di risoluzione.

Il primo obiettivo sarà studiare la regione montuosa Alpha Regio che ha rilievi molto simili a quelli terrestri e stabilire se montagne e vulcani possano essersi formati con processi simili a quelli della Terra.

 

Crediti video: Nasa, Esa

Barbara Ranghelli: Giornalista scientifica. Da sempre attratta dal cielo, ho iniziato a indagarlo dall’età di 7 anni. Prima con mio zio dalla Sicilia, poi con la rivista “L‘Astronomia” fondata da Margherita Hack che raccontava le Costellazioni attraverso i Miti, infine con l’associazione astrofili “Altair” di Ostia, utilizzando il telescopio. Dopo una lunga parentesi nelle produzioni televisive broadcast, ho frequentato la Scuola di Giornalismo Lelio Basso di Roma e dal 2022 sono socia dell’Unione Giornalisti Scientifici Italiani.