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Intatta la percezione della distanza negli astronauti in microgravità

Anche in assenza di gravità gli astronauti mantengono una sorprendente capacità di orientarsi e misurare le distanze percorse.
A suggerirlo è una nuova ricerca dell’Università di York che ha analizzato i movimenti di 12 astronauti, 6 donne e 6 uomini, sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Lo studio, condotto in collaborazione con Csa e Nasa, ha confrontato le prestazioni prima, durante e dopo le loro missioni di un anno sul laboratorio orbitante scoprendo che la loro percezione della distanza percorsa rimane in gran parte intatta in un ambiente di microgravità.

Pubblicata su npj Microgravity di Nature, la ricerca ha implicazioni fondamentali sulla sicurezza degli equipaggi nello spazio, specie per eventuali manovre di emergenza, e contemporaneamente fornisce indizi su come, sulla Terra, l’invecchiamento influisce sui sistemi di equilibrio delle persone.

La nostra percezione dell’auto-movimento è un processo multisensoriale che coinvolge segnali visivi, vestibolari e di altro tipo. Tuttavia, in un ambiente di microgravità si riduce la precisione dei segnali forniti dal sistema vestibolare, ossia la componente dell’orecchio interno che, sulla Terra, fornisce il contributo principale al senso di equilibrio e all’orientamento spaziale.
Questo deficit può causare la diminuzione della precisione della nostra percezione generale delle distanze.
Per verificare l’impatto dell’assenza di gravità, la ricerca ha sottoposto i 12 astronauti a un compito di spostamento verso un obiettivo in realtà virtuale, simulando così una serie di distanze.
Il lavoro ha dimostrato che non c’è stata alcuna differenza significativa tra le prestazioni degli astronauti nei test realizzati a Terra e quelli effettuati a bordo della Iss.

«In base ai nostri risultati, sembra che gli esseri umani siano sorprendentemente in grado di compensare adeguatamente la mancanza di un ambiente terrestre normale usando la vista», afferma Laurence Harris dell’Università di York e coautore dell’articolo.

Data l’impossibilità per i ricercatori di mettersi in contatto con gli astronauti nei primi giorni delle loro missioni sulla Iss, vi è la possibilità che la ricerca non abbia tuttavia catturato un eventuale adattamento precoce alla microgravità che potrebbe essersi verificato nelle primissime fasi della loro permanenza nel laboratorio orbitante.

«È comunque un messaggio positivo perché dice che qualsiasi adattamento avvenga, avviene molto rapidamente», conclude Harris.

 

Immagine in evidenza: L’astronauta canadese Julie Payette galleggia nello Space Shuttle Endeavour durante una missione sulla Stazione Spaziale Internazionale nel luglio 2009

Giuseppe Nucera: Comunicatore scientifico e Multimedia producer. Laureato in Sociologia, ho conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e dell'Innovazione Sostenibile dell'Università Milano-Bicocca. Dal 2012 collaboro con diverse agenzie editoriali e pubbliche per comunicare online ricerche e progetti scientifici.