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Osservata dalla Terra una misteriosa macchia scura su Nettuno

This image shows Neptune observed with the MUSE instrument at ESO’s Very Large Telescope (VLT). At each pixel within Neptune, MUSE splits the incoming light into its constituent colours or wavelengths. This is similar to obtaining images at thousands of different wavelengths all at once, which provides a wealth of valuable information to astronomers. The image to the right combines all colours captured by MUSE into a “natural” view of Neptune, where a dark spot can be seen to the upper-right. Then we see images at specific wavelengths: 551 nanometres (blue), 831 nm (green), and 848 nm (red); note that the colours are only indicative, for display purposes. The dark spot is most prominent at shorter (bluer) wavelengths. Right next to this dark spot MUSE also captured a small bright one, seen here only in the middle image at 831 nm and located deep in the atmosphere. This type of deep bright cloud had never been identified before on the planet. The images also show several other shallower bright spots towards the bottom-left edge of Neptune, seen at long wavelengths. Imaging Neptune’s dark spot from the ground was only possible thanks to the VLT’s Adaptive Optics Facility, which corrects the blur caused by atmospheric turbulence and allows MUSE to obtain crystal clear images. To better highlight the subtle dark and bright features on the planet, the astronomers carefully processed the MUSE data, obtaining what you see here.

Gli astronomi sono riusciti per la prima volta a osservare una macchia scura sullo sfondo blu di Nettuno grazie a un telescopio terrestre, piuttosto che utilizzando sonde o osservatori orbitali come fatto in precedenza.

Questo vortice atmosferico sul pianeta più lontano del Sistema Solare si chiama NDS-2018 ed è stato scovato nel 2018 da Hubble; tuttavia ora il Very Large Telescope (Vlt) dell’Eso, in Cile, è riuscito a osservarlo eliminando le turbolenze causate dall’atmosfera terrestre. Un traguardo che permette, così, una inedita capacità di studiare nel dettaglio simili fenomeni occasionali nelle atmosfere planetarie direttamente dalla Terra.

Lo studio, pubblicato oggi su Nature Astronomy, fornisce fondamentali indizi sulla natura e origine delle macchie temporanee su Nettuno, rimaste finora un mistero per gli astronomi.

Le grandi macchie sono caratteristiche comuni nell’atmosfera dei pianeti giganti, la più famosa delle quali è la Grande Macchia Rossa di Giove. Su Nettuno, una prima macchia occasionale è stata scovata nel 1989 dalla sonda Nasa Voyager 2, per poi scomparire pochi anni dopo.
Nel 2018 il telescopio Hubble ha scoperto diverse macchie scure nell’atmosfera di Nettuno, tra cui una principale nell’emisfero settentrionale, la macchia NDS-2018.

Questa è stata, quindi, studiata da un team di ricercatori tramite il Multi Unit Spectroscopic Explorer (Muse), strumento del Vlt in grado di dividere la luce nelle diverse lunghezze d’onda, permettendo così di distinguere la luce solare riflessa da Nettuno da quella riflessa dalla sua macchia. Unendo migliaia di lunghezze d’onda diverse in una sola volta, lo spettro 3d ottenuto da Muse fornisce agli astronomi una grande quantità di informazioni preziose.

Nell’immagine Muse di Nettuno, la macchia scura NDS-2018 è emersa più evidente alle lunghezze d’onda più corte, permettendo così agli astronomi di determinare meglio l’altezza a cui si trova la macchia nell’atmosfera del pianeta.
Ogni lunghezza d’onda sonda, infatti, profondità diverse in un’atmosfera planetaria.

Secondo lo studio, queste macchie occasionali su Nettuno sono probabilmente il risultato di particelle d’aria che si scuriscono in uno strato al di sotto di quello opaco principale visibile, mentre ghiacci e foschie si mescolano nell’atmosfera di Nettuno.
Le osservazioni hanno inoltre fornito informazioni sulla composizione chimica dei diversi strati dell’atmosfera, rivelando al team indizi sul perché la macchia NDS-2018 appaia scura.

L’indagine tramite Muse ha fatto emergere, inoltre, accanto alla più grande macchia scura principale, una seconda macchia, più piccola e luminosa, visibile nelle lunghezze intermedie sondate dallo strumento e risultata così situata in profondità nell’atmosfera. Questa è un tipo di nube luminosa profonda che non era mai stata identificata prima su Nettuno, nemmeno dallo spazio.

I dati Vlt hanno mostrato che questa nube luminosa profonda si trova allo stesso livello dell’atmosfera della macchia scura principale, una caratteristica nuova rispetto alle piccole nubi compagne di ghiaccio di metano ad alta quota osservate in precedenza.

«Si tratta di un aumento sbalorditivo della capacità dell’umanità di osservare il cosmo. All’inizio potevamo rilevare queste macchie solo inviandovi una sonda, come Voyager. Poi abbiamo acquisito la capacità di individuarle a distanza con Hubble. Infine, la tecnologia si è evoluta fino a consentirci di farlo da terra», conclude Michael Wong, coautore dello studio.

 

Immagine in evidenza:  L’immagine a destra combina tutti i colori catturati da MUSE in una vista “naturale” di Nettuno, dove si può notare una macchia scura in alto a destra. Poi vediamo le immagini a specifiche lunghezze d’onda: 551 nanometri (blu), 831 nm (verde) e 848 nm (rosso). I colori sono solo a scopo di visualizzazione. La macchia scura è più evidente alle lunghezze d’onda più corte (blu). Crediti: ESO/P. Irwin et al.

Giuseppe Nucera: Comunicatore scientifico e Multimedia producer. Laureato in Sociologia, ho conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e dell'Innovazione Sostenibile dell'Università Milano-Bicocca. Dal 2012 collaboro con diverse agenzie editoriali e pubbliche per comunicare online ricerche e progetti scientifici.