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Sole, più metalli e ossigeno confermano fenomeni stellari

Per determinare la composizione chimica del Sole, o delle stelle in generale, gli astronomi utilizzano, già dai primi anni dell’Ottocento, il metodo dell’analisi spettrale: la scomposizione della luce nelle sue diverse lunghezze d’onda, che rivelano anche la presenza di elementi chimici specifici.

Recenti calcoli ottenuti con lo spettrografo ad alta risoluzione Narval, installato sul telescopio Bernard Lyot dell’Observatoire Midi-Pyrénées dell’Università di Tolosa, hanno prodotto nuovi risultati concernenti le abbondanze di diversi elementi: il Sole contiene più ossigeno, silicio e neon di quanto si pensasse.

I primi modelli sugli spettri delle stelle si basavano su fattore noto come equilibrio termico locale: l’energia in ogni regione dell’atmosfera di una stella si diffonde e raggiunge una sorta di equilibrio. Questi calcoli assegnavano a ciascuna regione una determinata temperatura. Ma gli astronomi si resero presto conto che questo metodo era troppo semplificato: le densità nelle atmosfere stellari non sono abbastanza elevate da consentire al sistema di raggiungere un equilibrio termico.

I dati eliosismici, in particolare, che danno la misura delle oscillazioni del Sole, ovvero il modo in cui si espande e si contrae ritmicamente, avevano creato delle discrepanze con i modelli di riferimento. Inoltre la presenza d’idrogeno ed elio non era sufficiente a dimostrare alcuni fenomeni fisici.

Proprio come le onde sismiche forniscono ai geologi informazioni decisive sulla composizione interna della Terra, o come il suono di una campana codifica dati sulla sua forma e sulle proprietà dei materiali, l’eliosismologia fornisce informazioni sull’interno del Sole. La velocità delle onde sonore nella zona convettiva del Sole si discostava dalle previsioni del modello standard, così come la quantità complessiva di elio. Inoltre, anche i neutrini solari – particelle elementari, difficili da rilevare, che provengono dalle regioni centrali del Sole – risultavano fuori scala rispetto ai dati sperimentali. Gli astronomi ebbero quella che presto chiamarono ‘crisi dell’abbondanza solare’.

Alcuni studiosi del Max Planck Institute for Astronomy, in Germania, sono riusciti a risolvere suddetta ‘crisi’ e hanno pubblicato il loro studio sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

I ricercatori hanno calcolato in modo più dettagliato l’interazione della materia radiante nella fotosfera solare, tracciato tutti gli elementi chimici rilevati sulla base degli attuali modelli sull’evoluzione delle stelle e poi hanno utilizzato differenti metodi per descrivere le interazioni tra gli atomi del Sole e il suo campo di radiazione.

«Abbiamo scoperto che il Sole contiene una quantità di metalli (in astronomia, gli elementi più pesanti dell’elio) del 26% in più rispetto alle ipotesi precedenti – spiega Ekaterina Magg prima autrice dello studio – mentre il valore dell’abbondanza di ossigeno è superiore del 15%». Questi nuovi valori sono anche in accordo con la composizione chimica dei meteoriti del primissimo sistema solare, le condriti carboniose.

La nuova ricerca su come vengono prodotte le righe spettrali, oltre a risolvere la crisi dell’abbondanza solare, elimina la discrepanza dei precedenti modelli sulle misurazioni eliosismiche. «I nostri modelli solari basati su una nuova composizione chimica sono più realistici che mai – conferma Maria Bergemann, coautrice della ricerca– Concepiscono un modello del Sole che è coerente con tutte le informazioni che abbiamo sulla sua struttura odierna: onde sonore, neutrini, la luminosità e il raggio del Sole».

I nuovi riferimenti e i recenti dati sull’atmosfera inviati dal Solar Orbiter, segnano un prezioso progresso per l’analisi della chimica stellare e la ricostruzione dell’evoluzione chimica del nostro cosmo.

 

Immagine in apertura: spettro del Sole rilevato con Narval – Crediti: M. Bergemann/Max Planck Institute for Astronomy/ Narval, Télescope Bernard Lyot

Barbara Ranghelli: Giornalista