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Uno sguardo alle prime culle stellari

This image shows the sparkling centerpiece of Hubble's 25th anniversary tribute. Westerlund 2 is a giant cluster of about 3000 stars located 20 000 light-years away in the constellation Carina. Hubble's near-infrared imaging camera pierces through the dusty veil enshrouding the stellar nursery, giving astronomers a clear view of the dense concentration of stars in the central cluster.

Circa 13.8 miliardi di anni fa, poco dopo il Big Bang, l’universo era permeato da enormi nubi di gas neutro. Gli astronomi chiamano queste strutture primordiali Dla, da Damped Lyman-α systems. È qui che si sono formate le prime culle stellari, a seguito della lenta condensazione del gas che ha dato il via alla nascita di nuove stelle.

Osservare queste antiche nursery stellari è molto difficile, perché è un po’ come tornare indietro nel tempo alle origini del cosmo.  Un team di scienziati è riuscito nell’impresa utilizzando l’Osservatorio Keck, alle Hawaii, e l’aiuto di un fenomeno chiamato lente gravitazionale.

In fisica, in particolare nella teoria della relatività generale, una lente gravitazionale avviene quando la radiazione emessa da una sorgente luminosa viene deflessa a causa della presenza di un altro oggetto posto tra la sorgente e l’osservatore. Il risultato è una sorta di ‘lente d’ingrandimento’ naturale, che permette agli scienziati di osservare oggetti celesti anche molto distanti dal nostro pianeta.

In questo caso, l’Osservatorio Keck ha sfruttato una galassia come lente gravitazionale per osservare due Dla – e le galassie ospiti al loro interno – che si sono formate circa 11 miliardi di anni fa.

I risultati, pubblicati su Nature, permettono di gettare uno sguardo del tutto inedito ai meccanismi che hanno permeato il cosmo dopo il Big Bang, accendendo le prime stelle.

«Ho atteso per quasi tutta la mia carriera questa combinazione: un telescopio abbastanza potente e una serie di allineamenti fortunati concessi dalla natura. Così siamo riusciti a studiare non uno, ma ben due Dla in modo completamente nuovo – commenta John O’Meara, co-autore dello studio. – È fantastico poter ‘utilizzare’ in questo modo la scienza».

Rappresentazione artistica del fenomeno di lente gravitazionale sfruttato dall’Osservatorio Keck. Crediti: W. M Keck Observatory / Adam Makarenko

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica