X

Antartide, sguardi satellitari sul ghiaccio marino

Un baluardo inaspettato che negli ultimi 20 anni ha protetto le piattaforme glaciali della penisola antartica orientale, dando luogo a una crescita rilevante: si tratta del ghiaccio marino, la cui azione è stata analizzata in un nuovo studio di Nature Geoscience (articolo: “Antarctic ice-shelf advance driven by anomalous atmospheric and sea-ice circulation”).

Lo studio, coordinato dallo Scott Polar Institute dell’Università di Cambridge, si basa su una vasta gamma di dati satellitari che risalgono fino ai primi anni ’60; in particolare, sono stati utilizzati i dati delle missioni Landsat e Sentinel. Landsat è un programma di osservazione della Terra che vede insieme la Nasa e l’agenzia governativa Usgs (United States Geological Survey) e che è attivo dal 1972, anno di lancio del Landsat 1. Sentinel, invece, è il significativo nome attributo ai satelliti in cui è articolato Copernicus, programma avviato nel 2014 e coordinato dalla Commissione Europea, che vede la collaborazione degli stati membri, dell’Esa, di altre agenzie dell’Unione Europea e di soggetti operanti nel campo del monitoraggio satellitare e ambientale.

Le piattaforme glaciali – porzioni di ghiaccio galleggiante connesse ai ghiacciai costieri – svolgono un importante compito difensivo, arginando il rilascio incontrollato del ghiaccio di terra nell’oceano. Si tratta di strutture molto fragili che in tempi recenti hanno subito pesantemente gli effetti della crisi climatica: basti pensare al catastrofico cedimento delle piattaforme Larsen A e B, ampiamente documentato dai dati satellitari.

Gli autori dello studio hanno voluto approfondire le modalità con cui l’Antartide sta rispondendo agli assalti del cambiamento climatico e si sono particolarmente centrati sugli oltre 1000 chilometri della penisola antartica orientale. Il team ha combinato dati satellitari e misurazioni relative all’oceano e all’atmosfera, riuscendo a realizzare il quadro sinora più dettagliato delle condizioni del ghiaccio in quest’area del ‘continente bianco’. Mentre analizzavano i database, gli scienziati si sono trovati di fronte a una situazione inedita: negli ultimi 20 anni, l’85% delle piattaforme glaciali della penisola antartica orientale presentava un avanzamento in controtendenza con il ritiro che si era verificato nel ventennio precedente.

La crescita, secondo il team della ricerca, può essere spiegata con l’azione della circolazione atmosferica, dai primi anni 2000 caratterizzata da venti che hanno spinto il ghiaccio marino verso le coste, dove ha svolto una funzione protettiva. Nel periodo 1985-2002, invece, era avvenuto il contrario: le condizioni del vento nella medesima zona avevano prodotto un allontanamento del ghiaccio marino dai litorali, con conseguenze dannose per i ghiacciai affacciati sul mare ed esposti direttamente all’azione delle onde.

Lo studio, secondo i suoi autori, mette quindi in rilievo il ruolo del ghiaccio marino nell’evoluzione delle piattaforme antartiche: un elemento che spesso è passato in secondo piano, ma che può fare la differenza nel mantenere i ghiacciai costieri in buona salute.

In alto: immagine del New Bedford Inlet nella penisola antartica orientale, realizzata dal Landsat 8. (Crediti: Frazer Christie) 

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.