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Oadr, un nuovo progetto contro gli impatti in bassa orbita

Il 1957 segna l’inizio della colonizzazione dell’orbita terrestre da parte dell’uomo. La Russia lancia lo Sputnik, il primo satellite artificiale della storia, che rimane in orbita per tre settimane e dopo due mesi si disintegra nell’atmosfera terrestre.

Entro il 2030 dovremmo avere in orbita circa 57mila nuovi satelliti e prodotto quindi numerosi detriti o spazzatura spaziale. La necessità di monitorare, tracciare le orbite e prevedere eventuali collisioni è diventata essenziale e gli enti governativi e privati da anni sviluppano e attuano programmi di Space Situational Awarness (Ssa) per migliorare la sicurezza e la sostenibilità del parco satellitare.

L’Amministrazione nazionale statunitense per l’oceano e l’atmosfera (Noaa), che da oltre due secoli si occupa di monitorare oceani, meteo e clima, ha presentato il prototipo di un nuovo strumento: l’Open-Architecture Data Repository (Oadr). Il nuovo archivio registrerà le orbite dei satelliti attraverso i sensori collegati alle stazioni di terra del Dipartimento della Difesa, della Nasa e delle agenzie commerciali. Con i dati raccolti potrà creare un’immagine dell’ambiente orbitale e valutare se ci sono possibili “congiunzioni” tra oggetti spaziali. In tal caso, l’Oadr trasmetterà i dati agli operatori satellitari in tempo utile per spostarne momentaneamente la traiettoria. Esistono già diverse società commerciali che forniscono questo tipo di servizi, ma i creatori dell’Oadr rassicurano sulle migliori capacità predittive. Se tutto va secondo i piani, sarà operativo entro il 2025.

Anche l’Agenzia Spaziale Europea ha già avviato la costruzione di un telescopio d’avanguardia per il monitoraggio dei detriti, grazie a una nuova tecnologia ottica e tutta italiana: il Flyeye.

Barbara Ranghelli: Giornalista