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Eruzioni vulcaniche, avviata una nuova iniziativa per prevederle

È noto che il nuovo programma spaziale europeo prevede anche l’impiego di satelliti per la gestione delle emergenze umanitarie provocate da catastrofi naturali; in tal senso, si rammentano i satelliti Sentinel del programma europeo Copernicus, i quali quotidianamente, grazie alle loro operazioni di osservazione della Terra, forniscono dati per il monitoraggio ambientale e per il controllo del territorio, al fine di prevedere qualsiasi tipo di fenomeno naturale (alluvioni, frane, altro), a beneficio sella sicurezza civile.

Ma ciò che avviene sulla superfice, spesso, è determinato anche da ciò che avviene nelle profondità della Terra.

È per questo motivo che l’Esa (Agenzia spaziale europea), per comprendere maggioramene quei processi naturali che si verificano al di sotto della superficie terrestre (i quali possono generare anche terremoti e/o eruzioni vulcaniche), ha avviato il programma Science for Society 3D Earth: si tratta di un programma di ricerca condotto da un team internazionale di geoscienziati che, servendosi dei dati satellitari del Goce (Gravity Field and Steady-State Ocean Circulation Explorer) e di altre informazioni acquisite mediante osservazioni in situ, intendono sviluppare un modello di studio della litosfera (ossia quello strato solido della Terra che comprende la crosta terrestre e la porzione più superficiale del mantello superiore, arrivando a uno spessore complessivo variabile tra i 70-113 km); ciò, perché solo attraverso una maggiore e precisa analisi di elementi, come la variazione delle temperature e la struttura termica del mantello superiore della Terra, sarebbe possibile prevedere quali vulcani potrebbero essere in procinto di eruzione.

Tuttavia, i processi e le anomalie termiche più rilevanti, il cui attento e costante monitoraggio renderebbe più efficace la previsione delle eruzioni vulcaniche, avvengono ad una profondità di circa 2.800 km; inoltre, queste sarebbero legate a delle strutture posizionate al confine tra il nucleo e il mantello della Terra: ossia le cosiddette LLSVPs (Large-Low Seismic Velocity Provinces), conosciute anche come superplume o super-pennacchi del mantello, che rappresentano complessivamente il 6% del volume della Terra.

Di conseguenza, si ritiene opportuno implementare le tecnologie spaziali atte all’osservazione della Terra dallo spazio, nonché fortemente necessario ricorrere ad un approccio multidisciplinare, per una migliore comprensione dei fenomeni vulcanici; poiché solo attraverso la sapiente combinazione dei dati satellitari con i dati sismologici sarà possibile ottenere una descrizione dettagliata delle profondità interne della Terra.

Crediti immagine: Esa/Planetary Visions

Giulio Chimienti: