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Simulazioni cosmologiche sotto la lente della gravità

Per studiare la formazione e l’evoluzione delle galassie nella storia dell’Universo, gli astrofisici ricorrono a enormi simulazioni al computer che permettono di riprodurre i diversi processi fisici in gioco per poi confrontare i risultati con le osservazioni astronomiche. Le simulazioni cosmologiche hanno incontrato diverse difficoltà già in passato, per esempio nel riprodurre il numero e le proprietà delle galassie meno massicce, le galassie nane. Recentemente è emerso un aspetto che non si riesce a replicare anche nelle regioni centrali delle galassie ellittiche più massicce, quelle che contengono in stelle l’equivalente di 100 miliardi di soli e oltre, e quantità ancor più grandi di materia oscura: in queste regioni, alcune simulazioni prevedono un contenuto di materia oscura inferiore fino a 2-3 volte rispetto alle stime basate sui dati osservativi.

Un nuovo lavoro, guidato da Sampath Mukherjee, iniziato durante il suo dottorato all’Università di Groningen, nei Paesi Bassi, a cui hanno partecipato anche due ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e dell’Università di Bologna, ha finalmente risolto questa discrepanza. Si tratta di uno studio comparativo che, per la prima volta, ha analizzato il contenuto di materia oscura nelle galassie ellittiche massicce in tre simulazioni tra le migliori disponibili al mondo: Eagle, Illustris e IllustrisTng. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (cliccare qui).

«Molti dati suggeriscono che le galassie contengono molta materia oscura, anche nelle regioni centrali – spiega Crescenzo Tortora dell’Inaf di Napoli, che ha supervisionato il lavoro di Mukherjee insieme al collega olandese Leon Koopmans – Per spiegare alcuni di questi risultati, abbiamo confrontato quanta materia oscura fosse presente nelle galassie simulate dalle tre diverse simulazioni, e abbiamo trovato che, tra le tre, la simulazione Eagle – elaborata da Joop Schaye e il suo gruppo di ricerca a Leiden, nei Paesi Bassi, anch’essi autori di questo studio – riusciva a riprodurre egregiamente il contenuto di materia oscura osservato nelle regioni centrali delle galassie ellittiche analizzate».

Questo lavoro sfrutta l’effetto di lente gravitazionale predetto dalla relatività generale di Albert Einstein: oggetti massicci come stelle, galassie e ammassi di galassie curvano il tessuto dello spaziotempo, modificando così anche il percorso della luce che si trova a passare nelle vicinanze. Questi sistemi fungono da telescopi cosmici, amplificando la luce di sorgenti lontane e generando spettacolari fenomeni astrofisici tra cui immagini distorte (sotto forma di archi e anelli) e immagini multiple. Nel caso specifico in cui lente e sorgente siano perfettamente allineate con l’osservatore, l’immagine della sorgente ha la forma di un anello, chiamato ‘anello di Einstein’, centrato sulla lente. Misurando l’estensione e la forma degli archi e degli anelli ritratti dai telescopi, il ‘lensing gravitazionale’ consente di stimare nel modo più preciso possibile la massa dei corpi che fungono da lente, compreso il contributo invisibile della materia oscura.

Il nuovo studio fa parte del progetto Seagle (Strong Lensing in Eagle) nel quale i ricercatori hanno ricreato lenti gravitazionali realistiche a partire dalle galassie della simulazione cosmologica Eagle per studiare l’evoluzione delle galassie più massicce dell’Universo. In due lavori precedenti, il team aveva studiato le dimensioni di queste galassie e analizzato i loro profili di massa. In questo terzo articolo, hanno quantificato il contenuto di materia oscura e lo hanno confrontato con i risultati di altre simulazioni e con le osservazioni della survey Slacs, condotta con il telescopio spaziale Hubble.

«Le simulazioni Eagle descrivono la formazione delle strutture cosmiche in un volume assimilabile ad un cubo con lato di circa 300 milioni di anni luce – commenta il co-autore Ben Metcalf dell’Università di Bologna, associato Inaf – È un’opportunità unica poter contare su simulazioni cosmologiche su un volume così ampio, che implementano tutti gli stadi dell’evoluzione galattica, consentendoci di valutare il contributo dei diversi processi che concorrono alla formazione delle galassie. La possibilità di confrontarsi con altre simulazioni idrodinamiche è ancora più fondamentale». Il contenuto di materia oscura osservato nelle regioni centrali delle lenti gravitazionali analizzate, che in media si aggira tra il 60 e l’80% all’interno dell’anello di Einstein, è in buon accordo con i risultati della simulazione Eagle. Per lo stesso tipo di galassie, le altre simulazioni prevedono invece una frazione di materia oscura 2 o 3 volte inferiore.

«Dobbiamo capire ancora quale sia l’esatta ragione di queste discrepanze e perché Eagle riproduce i dati, mentre le altre simulazioni non lo fanno – aggiunge Sampath Mukherjee, primo autore dell’articolo e oggi ricercatore post-doc allo Star Institute di Liegi, in Belgio – Cosa c’è di diverso nella fisica implementata nelle simulazioni Eagle che ci ha permesso di riprodurre i dati osservativi? Vogliamo approfondire i risultati che abbiamo ottenuto, con l’obiettivo di studiare sempre meglio le galassie, attraverso il confronto curato e mirato di dati osservativi e simulazioni cosmologiche. Vogliamo capire se siamo lungo la giusta strada per descrivere l’evoluzione delle strutture nell’Universo, e i processi evolutivi che guidano la vita delle galassie». Queste domande saranno oggetto di studi ancora più dettagliati nel futuro prossimo, analizzando le centinaia di migliaia di lenti gravitazionali che sarà possibile scoprire con il telescopio spaziale Euclid e con il Vera Rubin Observatory.

Immagine in alto:

Mosaico di lenti gravitazionali in falsi colori. A sinistra vengono mostrate delle lenti gravitazionali simulate. Il fenomeno  del lensing gravitazionale trasforma l’immagine di una galassia lontana in archi e anelli, e viene simulato utilizzando come lenti delle galassie all’interno delle simulazioni EAGLE. La galassia lente posta al centro è stata rimossa in queste immagini. Nella parte destra, invece, possiamo vedere degli esempi reali di lenti gravitazionali, osservati con il telescopio spaziale Hubble e analizzati all’interno della collaborazione SLACS. In ogni pannello, la galassia lente è mostrata in arancione, mentre l’immagine della sorgente, trasformata in archi e anelli, è colorata di blu. Gli archi simulati sono fortemente realistici, rappresentano dei fac-simile di lenti reali: questo ha permesso ai ricercatori di questo studio di investigare i processi che si celano dietro l’evoluzione delle galassie lenti. (Crediti: S. Mukherjee/Hubble Space Telescope).

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