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Bernardinelli-Bernstein, la più grande cometa mai avvistata

«Che strano, cos’è questa cosa?» ha pensato Pedro Bernardinelli, mentre studiava i dati del Dark Energy Survey (DES) a una settimana dalla sua tesi di dottorato sugli oggetti transnettuniani (TNO). Un corpo celeste gigante compariva su più immagini, mentre i TNO si potevano ricavare solo grazie a complicati algoritmi. «Deve esserci un errore!». E così lo studente della Penn State University, in Pennsylvania, ha portato la curiosa scoperta al suo supervisore, il professore di astronomia e astrofisica Gary Bernstein. «Sembrava più reale della maggior parte delle cose che avevamo mai osservato» raccontano in un’intervista a Space.com.

Si trattava di 2014 UN271, il più grande corpo ghiacciato identificato fino ad oggi e ribattezzato con il nome di cometa Bernardinelli-Bernstein il 24 giugno di quest’anno. «Questo è un onore insolito per un cosmologo», ha detto Bernstein.

Si stima che la cometa abbia un diametro di circa 160 chilometri, straordinario per questo tipo di corpi celesti. «È molto raro vedere grandi comete, fondamentalmente perché, a meno che non vengano riprese nel loro primo o secondo passaggio, la maggior parte del loro materiale sparisce lungo il viaggio», ha spiegato Bernardinelli. In effetti, il ghiaccio vaporizzato che le rende così spettacolari si esaurisce ad ogni passaggio vicino al Sole. Tra le comete che gli scienziati hanno studiato in dettaglio, solo due appartengono alla stessa classe: la Hale-Bopp, che nel 1997 abbiamo osservato a occhio nudo dalla Terra, e la C/2002 VQ94 (Linear).

Tuttavia, i ricercatori si sono sempre aspettati di trovare oggetti come la cometa Bernardinelli-Bernstein a vagare nella fascia di Kuiper, dove orbita Plutone, e in quella più lontana denominata Nube di Oort.

Le immagini della cometa gigante sono state scattate tra il 2014 e il 2019 dai telescopi dell’Osservatorio di Cerro Tololo in Cile, nell’ambito del progetto di ricerca DES che dovrebbe aiutare a comprendere l’energia oscura. Tale sostanza misteriosa non è mai stata vista direttamente dagli scienziati, ma si ritiene costituisca il 68% dell’universo e alteri la nostra visione di altre galassie. «In effetti, volevamo che la cometa si chiamasse Comet DES, come il progetto, e non come un’esibizione di Gary e Pedro – ha dichiarato Bernstein – ma a quanto pare è contro le regole».

Lo studio di Bernardinelli si concentrava sulla ricerca di un tipo di oggetti del Sistema Solare esterno completamente diversi dalle comete, i TNO, pezzi di roccia che circondano il Sole ma rimangono fuori dall’orbita di Nettuno, il pianeta del nostro sistema più distante dal Sole. Con il DES sono state acquisite più di 80mila immagini del cielo e in ognuna sono presenti decine di migliaia di oggetti cosmici di tutte le forme e dimensioni. «Quando acquisisci un’immagine del cielo, non ottieni solo un’immagine delle galassie, ma di tutto ciò che c’è tra te e loro – ha detto Bernardinelli – stelle, aeroplani, asteroidi e tutto il resto». I due ricercatori hanno così progettato un modo di estrarre immagini dei TNO dal Dark Energy Survey: un algoritmo che possa identificare, allineando almeno sette immagini diverse, un granello che si muove secondo le leggi che regolano il movimento degli oggetti del sistema solare, «un enorme ‘unisci i punti’». Sebbene sette immagini diverse fossero l’impostazione minima, la cometa è apparsa in 20 o 30 immagini separate, per cui non c’era dubbio, la cometa era veramente facile da scovare sebbene si cercassero altri oggetti. TNO di quelle dimensioni sono già stati osservati, mentre per quanto riguarda le comete, quella stima di dimensioni risulta essere davvero enorme.

Altri scienziati hanno quindi rivolto i loro telescopi verso la posizione attuale della Bernardinelli-Bernstein e hanno rintracciato negli archivi altri avvistamenti che non facevano parte dell’analisi originale. Ciò che è emerso è lo stato di attività che essa mostra in un’orbita così lontana dal Sole, ovvero la caratteristica chioma sfocata di quando i loro ghiacci si riscaldano a tal punto da evaporare e creare una nuvola gassosa che circonda il nucleo, fenomeno che oscura quest’ultimo e illumina la cometa.

Indipendentemente dalle dimensioni e dall’attività della cometa, tutti gli scienziati concordano sul fatto che l’aspetto più interessante della Bernardinelli-Bernstein è il modo in cui saranno in grado di studiarla. Nel 2023 inizierà un rilevamento continuo dall’Osservatorio Vera Rubin in Cile che seguirà la cometa fino all’approccio più ravvicinato al Sole che avverrà nel 2031. A partire dai dati recuperati dal 2010 in poi, grazie al suo lungo viaggio la cometa offrirà agli astronomi un’occasione unica per osservare quale tipo di fenomeno si attiva e a quale distanza dal sole.

Per Bernardinelli, che sta iniziando un post-dottorato all’Università di Washington, l’incontro casuale con la cometa, che ora porta il suo nome, potrebbe cambiare il percorso dei suoi studi: «Non avevo mai pensato troppo alle comete prima d’ora, ma sto sicuramente considerando di specializzarmi anche in questo ramo».

«Credo che continuerò ancora il mio lavoro quotidiano in cosmologia», ha invece dichiarato Bernstein «ma ho davvero imparato molto sulle comete. E’ stato divertente!».

 

Immagine di apertura: C/2014 UN271 (Bernardinelli-Bernstein) fotografata il 22 giugno 2021 dall’Osservatorio di Las Cumbres a Sutherland, Sudfrica.

Crediti: LOOK project, Las Cumbres Observatory

Barbara Ranghelli: Giornalista