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Riscaldamento globale, l’ozono protegge la fotosintesi clorofilliana

Da quando nel 1989 è entrato in vigore il Protocollo di Montreal, il ‘buco’ dell’ozono si sta riducendo. L’accordo internazionale ha regolamentato il consumo dei prodotti dannosi allo strato di ozono che dalla stratosfera protegge la Terra dai raggi ultravioletti (UV) pericolosi per l’uomo emessi dal Sole. Scoperto nel 1985, il buco dell’ozono sembrerebbe causato dall’emissione di clorofluorocarburi (CFC), una sostanza chimica comunemente usata nei frigoriferi e nelle bombolette a gas.

Diversi studiosi della Lancaster University, nel Regno Unito, hanno dimostrato, con uno studio pubblicato su Nature, che lo strato di ozono, impedendo il surriscaldamento della Terra, protegge anche la vegetazione terrestre.

«Sappiamo che lo strato di ozono è collegato al clima. Sappiamo che i gas serra influiscono sullo strato di ozono. Ma quello che non abbiamo mai fatto prima è collegare lo strato di ozono al ciclo del carbonio terrestre», ha affermato lo scienziato Paul Young, autore principale dello studio svolto in collaborazione con la NASA. La ricerca dimostra che negli ultimi 30 anni, aver protetto lo strato di ozono ha preservato anche le piante e la loro capacità di assorbire carbonio dall’atmosfera. Il risultato è aver impedito un ulteriore riscaldamento globale di 0,85 gradi Celsius. «Gli esperimenti del passato non hanno mai considerato l’impatto dell’aumento delle radiazioni UV sulle piante e cosa significherebbe sulla capacità delle piante di isolare il carbonio», ha spiegato Young.

L’assottigliamento dello strato di ozono consente alle radiazioni UV del sole di raggiungere la superficie terrestre, danneggiare la struttura delle piante e renderne meno efficace la fotosintesi, ostacolando così la capacità di assorbire carbonio dall’atmosfera.

Secondo lo scenario emerso dallo studio, se non avessimo ridotto le emissioni di CFC, entro il 2100 il riscaldamento terrestre sarebbe aumentato di 1,7 gradi Celsius. Ma i calcoli non sarebbero esatti se non venisse considerato in aggiunta il riscaldamento di 0,85 gradi Celsius causati dalla vegetazione alterata. Il danno alle piante avrebbe generato 580 miliardi circa di tonnellate in meno di carbonio immagazzinato nelle foreste e nel suolo. La temperatura presunta a fine secolo, sarebbe quindi salita di 2,5 gradi Celsius.

La realizzazione dei modelli e la previsione di scenari sono resi possibili grazie all’esame dei dati storici raccolti dall’Ozone Monitoring Instrument (OMI) a bordo del satellite Aura della NASA.

Barbara Ranghelli: Giornalista