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Il passato di Marte sul ‘volto’ di Phobos

Piccolo, irregolare e accidentato: nonostante l’aspetto dimesso, Phobos, uno dei due satelliti naturali di Marte, è salito agli onori della cronaca per uno studio che lo vede protagonista e che potrebbe avere dei risvolti importanti nella ricostruzione del passato del pianeta. Il saggio, appena pubblicato su Nature Geoscience (articolo: “Implantation of Martian atmospheric ions within the regolith of Phobos”), è stato curato da un gruppo di ricercatori del Laboratorio di Scienze Spaziali dell’Università della California-Berkeley e si è basato sui dati della missione Maven (Mars Atmosphere and Volatile EvolutioN) della Nasa. L’attività scientifica di questa sonda, lanciata nel 2013, si è centrata proprio sull’atmosfera di Marte e sull’evoluzione del suo clima.

Il motivo per cui Phobos si è guadagnato tanta attenzione risiede nelle particelle in fuga dall’atmosfera di Marte che – nel corso di miliardi di anni – avrebbero successivamente impattato sulla superficie della piccola luna, posandosi sullo strato più esterno. Il corpo celeste, infatti, orbita attraverso un flusso di atomi carichi e di molecole provenienti dall’atmosfera del pianeta; nello specifico, si tratta di ioni di ossigeno, carbonio, azoto e argo. Il suolo di Phobos, quindi, potrebbe contenere informazioni di grande rilievo sull’evoluzione dell’atmosfera marziana, un tempo densa e in grado di supportare la presenza di acqua liquida sul ‘volto’ di Marte.

La piccola luna orbita molto vicina al Pianeta Rosso ed è stata spesso oggetto di dibattito, insieme alla sua compagna Deimos, per le origini ancora non del tutto chiare; infatti, in proposito, sono state formulate diverse ipotesi, tra cui quella che le ritiene due asteroidi catturati dalla gravità di Marte e quella che le considera generate dalla stessa nube di materiali da cui è nato il pianeta. Nell’analisi dei dati di Maven, gli studiosi si sono concentrati soprattutto su quelli dello strumento Static (Suprathermal and Thermal Ion Composition instrument), che, basandosi sulle differenti masse degli ioni misurati, è stato in grado di determinare quali fossero le particelle provenienti da Marte, distinguendole da quelle in arrivo dal Sole. Il team ha poi stimato quanti ioni siano stati in grado di raggiungere la superficie di Phobos e quanto vi siano penetrati in profondità.

Il gruppo di lavoro ritiene che il loro lavoro possa essere un ottimo punto di partenza per la missione Mmx (Mars Moons Exploration) della Jaxa, il cui avvio è previsto nel 2024: infatti, l’obiettivo di Mmx è proprio la luna Phobos, da cui questa sonda trarrà dei campioni che poi saranno inviati sulla Terra. Studiare i satelliti naturali di un pianeta, secondo gli autori del saggio, può avere delle utili ricadute per scoprire di più sia sul pianeta stesso, sia sulle origini del Sistema Solare.

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.