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Galassia Dragonfly, mistero risolto

Dragonfly 44, sfuggita per decenni agli astronomi a causa della sua luminosità estremamente debole, non è né unica né anomala ed ha un contenuto di materia oscura inferiore a quanto ipotizzato da studi precedenti. Lo afferma uno studio dell’Università di Groningen che vede la partecipazione dell’Instituto de Astrofísica de Canarias e dell’Università di La Laguna, pubblicato nella rivista della Royal Astronomical Society.

Dragonfly 44 è stata scoperta in un’indagine approfondita dell‘Ammasso della Chioma, che ha al suo interno diverse migliaia di galassie. Fin dall’inizio la galassia ha suscitato un grande interesse nella comunità scientifica dato che la quantità di materia oscura rilevata era quasi pari a quella della Via Lattea, l’equivalente di un miliardo di masse solari.

Tuttavia Dragonlfy non contiene la stessa quantità di stelle della Via Lattea, ma solo cento milioni. Se le ipotesi precedenti si fossero rivelate esatte, allora Dragonfly sarebbe stato un oggetto unico, con un contenuto di materia oscura quasi cento volte superiore a quella prevista dal numero delle sue stelle.

Grazie a un’analisi esaustiva i ricercatori hanno rilevato che il numero totale di ammassi globulari presenti nella galassia è pari a venti e che la quantità totale di materia oscura è circa 300 volte quella della materia luminosa, ovvero non molto al di fuori del valore normale per questo tipo di oggetti celesti.

«Abbiamo trovato solo venti ammassi globulari, rispetto agli ottanta precedentemente dichiarati e questo riduce drasticamente la quantità di materia oscura che si ritiene contenga la galassia – spiega Ignacio Trujillo, co autore di l’articolo – inoltre, con il numero di ammassi globulari che abbiamo trovato, la quantità di materia oscura in Dragonfly 44 è in accordo con quanto ci si aspetta per questo tipo di galassie. Il rapporto tra materia visibile e materia oscura non è più 1 su 10.000 ma uno su 300».

Il numero totale di ammassi globulari è correlato alla massa totale di una galassia. Di conseguenza –  se esso  viene misurato –  è possibile trovare la quantità di materia oscura soprattutto se la materia visibile è solo una piccola frazione del totale. «Al momento non siamo in grado di spiegare la relazione tra il numero totale di ammassi globulari e la massa totale della galassia – conclude Johan H. Knapen  co autore dell’articolo –  ad oggi si tratta di una conoscenza puramente osservativa. Una delle ipotesi formulate prende in considerazione  la quantità di gas originale da cui si sono formate le stelle e gli stessi ammassi globulari. In questo caso maggiore è la quantità di materia oscura presente maggiore è il volume di gas contenuto».

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Fulvia Croci: Giornalista