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Hot Corinos e i mattoni della vita

Gli astronomi li chiamano Hot Corinos: sono regioni che circondano stelle in formazione, ricche di molecole organiche complesse che costituiscono i cosiddetti mattoni della vita. Ad oggi si conoscono solo una dozzina di Hot Corinos e molte delle loro proprietà sono ancora oggetto di dibattito per la difficoltà a studiarle, essendo avvolte da spesse nubi di polveri. Ora però un nuovo studio guidato da Marta De Simone dell’Università di Grenoble e a cui ha partecipato, tra gli altri, Claudio Codella, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), getta nuova luce su una di queste regioni: grazie alle osservazioni del Very Large Array nel New Mexico, USA, il team ha infatti scoperto la presenza di metanolo, una tra le più semplici molecole organiche, attorno a una coppia di stelle in formazione, denominata IRAS 4A. I risultati del lavoro sono stati pubblicati oggi sul sito web della rivista The Astrophysical Journal Letters.

Decisiva per la scoperta è stata la scelta di “sintonizzare” il VLA, interferometro radio del National Radio Astronomy Observatory, sulle lunghezze d’onda del centimetro, per captare i debolissimi segnali emessi dalle molecole all’interno del gas che permea le regioni intorno alle protostelle, ovvero stelle giovani ancora in fase di formazione. Tali corpi celesti sono destinati a formare un sistema planetario come il nostro nell’arco di un miliardo di anni. Gli Hot Corinos sono ricche di molecole organiche complesse che, combinate in molecole prebiotiche, costituiscono il primo tassello alla base della vita e hanno tipicamente le dimensioni del nostro Sistema solare: si estendono infatti fino a 100 unità astronomiche, ovvero cento volte la distanza media tra Terra e Sole. Queste regioni sono caratterizzate da una temperatura molto più alta di quella delle regioni circostanti – tipicamente attorno a 100 kelvin, ovvero circa -170 gradi celsius. Seppure questi valori siano ben lontani dalle medie terrestri, negli Hot Corinos ci sono le condizioni in grado di innescare una chimica complessa, anche di tipo prebiotico. Gli autori hanno scandagliato con il VLA l’Hot Corinos attorno alla coppia di protostelle denominata IRAS4 A1 e A2, situata in una regione di formazione stellare distante circa 1000 anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione di Perseo. Una volta completato il processo di formazione, le stelle che si accenderanno in quella regione saranno simili al Sole. Grazie all’alto livello di dettaglio delle riprese ottenute dal VLA e alla ricerca delle righe spettrali molecolari alle lunghezze d’onda del centimetro – e non del millimetro come avveniva di solito – nel sistema IRAS 4A è stata confermata la presenza di metanolo (la cui formula è CH3OH), la più semplice molecola della famiglia degli alcoli. «Con il VLA, entrambe le protostelle hanno mostrato evidenze di metanolo nelle zone ad esse circostanti» dice Marta De Simone, prima autrice dell’articolo che descrive la scoperta. «Questo significa che in tutti e due i casi sono presenti Hot Corinos. Il motivo per cui non riuscivamo a osservarli prima è che a lunghezze d’onda inferiori il segnale veniva assorbito dalla polvere che circonda la protostella».

La prima regione Hot Corinos è stata scoperta nel 2003. Il dubbio principale riguardo la loro effettiva esistenza era dovuto al fatto che, in alcuni casi, la zona Hot Corinos era osservabile solo attorno a una delle due stelle, mentre ci si sarebbe aspettato il contrario, poiché il sistema binario di stelle si sta formando a partire dalla stessa nube molecolare. Il risultato delle osservazioni con l’interferometro VLA ha confermato l’intuizione iniziale dei ricercatori: le regioni Hot Corinos possono essere considerate una fase obbligatoria nel percorso di crescita di una stella e se la protostella è ancora immersa nella densa polvere della nube possono venire oscurate e rese non osservabili a lunghezze d’onda millimetriche. Le osservazioni nel centimetro permettono di ‘’sollevare’’ questo velo di polvere e osservare oltre.

«Questo risultato indica che osservare alle lunghezze d’onda centimetriche è necessario per lo studio delle regioni Hot Corinos», dice Claudio Codella, ricercatore dell’INAF di Firenze e responsabile scientifico del progetto scientifico PRIN-INAF “The Cradle of Life – GENESIS-SKA (General Conditions in Early Planetary Systems for the rise of life with SKA)” nell’ambito del quale è stato realizzato lo studio. «In futuro, telescopi di nuova generazione come SKA, saranno fondamentali per la comprensione di queste regioni» conclude Codella.

Lo studio è stato pubblicato sul sito web della rivista The Astrophysical Journal Letters nell’articolo Hot Corinos chemical diversity: myth or reality? di Marta De Simone, Cecilia Ceccarelli, Claudio Codella, Brian E. Svoboda, Claire Chandler, Mathilde Bouvier, Yamamoto Satoshi, Nami Sakai, Paola Caselli, Cecile Favre, Laurent Loinard, Bertrand Lefloch, Hauyu Baobab Liu, Ana Lopez-Sepulcre, Jaime E. Pineda, Vianney Taquet e Leonardo Testi.

Il lavoro ha ricevuto finanziamenti dallo European Research Council (ERC) nell’ambito del programma dell’Unione Europea Horizon 2020 per il progetto “The Dawn of Organic Chemistry” (DOC) ed è stato supportato dal progetto PRIN-INAF 2016 “The Cradle of Life-GENESIS-SKA” (General Conditions in Early Planetary Systems for the rise of life with SKA).

Francesco Rea: Giornalista professionista dal 1994 ha lavorato per diverse testate nazionali, stampa, radio e video, oltre che per alcune istituzioni politiche. Laureato in lettere, indirizzo storia contemporanea, da oltre venti anni lavora alla comunicazione di istituti scientifici, legati allo spazio e all'astrofisica spaziale. La matematica resta comunque un elemento oscuro e la foto è di dieci anni e 15 chili addietro