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Il passato turbolento di Ryugu

Ryugu ha un passato geologico molto più complesso di quanto ipotizzato finora. Lo ha scoperto la sonda Hayabusa2 che – dopo aver osservato e raccolto campioni dell’asteroide –  ha iniziato il lungo viaggio che la riporterà sulla Terra nel 2020. Ora, un team dell’Università di Kobe, in Giappone ha analizzato gli schemi di localizzazione e le caratteristiche di 77 crateri da impatto disseminati lungo la superficie di Ryugu, determinando che gli emisferi occidentale e orientale si sono fermati in epoche diverse. Lo studio è stato pubblicato sull’American Scientific JournalIcarus‘ lo scorso 5 novembre.

Gli studiosi si sono concentrati sulle immagini fornite dalla camera della sonda per determinare il numero e la posizione dei crateri su Ryugu. Nello specifico, i crateri da impatto si formano quando un asteroide di piccole dimensioni o una cometa colpisce la superficie dell’oggetto. Analizzare la distribuzione spaziale e il numero dei crateri da impatto può rilevare la frequenza delle collisioni e aiutare gli scienziati a determinare l’età delle diverse aree della superficie.

Le telecamere di navigazione ottica Onc sono lo strumento ideale per fare questo tipo di rilevamento e le immagini realizzate, circa 340, sono state utilizzate per costruire un mosaico che ha  facilitato l’identificazione dei crateri. Successivamente, il team si è servito del software Small Body Mapping Tool per misurare le dimensioni, la latitudine e la longitudine dei crateri, mentre Lidar, un laser, è stato utilizzato per determinare le dimensioni complessive di Ryugu. Le depressioni individuate sulla superficie sono state divise in 4 categorie a seconda della loro forma più o meno circolare. Le depressioni di categoria da 1 a 3, sono state catalogate come crateri distinti mentre quelle di tipo 4, avevano una forma quasi circolare che ne reso difficile l’identificazione.

Nonostante alcune difficoltà, il team è stato in grado di rilevare tutti i crateri da impatto con diametro compreso tra 10 e 20 metri, per un totale di 77 crateri. In particolare la sezione dell’emisfero orientale ha il maggior numero di crateri mentre l’area occidentale e le regioni polari ne sono quasi prive. Questo dato, suggerisce che quest’area dell’asteroide si sia formata in un secondo momento. Gli scienziati ritengono che la forma degli asteroidi come Ryugu può essere alterata dall’alta velocità di rotazione e – poiché l’emisfero orientale e quello occidentale si sono formati in epoche diverse –  allora è probabile che nel corso della sua storia, Ryugu possa aver variato di molto la propria velocità di rotazione.

I ricercatori sperano che il database dei crateri creato grazie alle immagini di Hayabusa2 possa servire per le ricerche future che avranno come oggetto asteroidi simili a Ryugu. Nel frattempo, non resta che aspettare il ritorno della sonda e dei suoi preziosi campioni, che dovrebbero essere in grado di rivelare altre parti della storia dell’asteroide.

Fulvia Croci: Giornalista