Blue Origin e Virgin Galactic stanno gareggiando per spedire il primo turista spaziale in orbita entro l’anno prossimo, mentre sembrano allontanarsi le speranze per SpaceX e Boeing di mandare una navetta sulla Iss nei tempi previsti

Giulia Bonelli 13 luglio 2018

Ormai è un dato di fatto: la moderna corsa allo spazio si fonda sempre più sul settoreprivato. Dal progetto di colonie lunari alla conquista di Marte, dallo sviluppo di razzi a basso costo fino ad arrivare alle future navette per turisti miliardari: le nuove direzioni della space economy dipendono in gran parte dagli investimenti di aziende nate con obiettivi visionari, come SpaceX di Elon Musk o Blue Origin di Jeff Bezos. Le principali agenzie spaziali di tutto il mondo stanno cavalcando questa ondata siglando accordi sempre più ampi con le compagnie private, che dal settore puramente commerciale si sono spostate ora anche verso quello scientifico.

Un’operazione che sembra portare con sé allo stesso tempo vantaggi e svantaggi, entrambi legati a un fattore fondamentale: il tempo. Fin dall’inizio del 2018 è stato chiaro infatti che la sfida aperta tra le varie compagnie riguardava soprattutto la capacità di rispettare o meno le tabelle di marcia previste.  I principali concorrenti in gioco sono da un lato SpaceX e Boeing, in ‘gara’ per mandare degli astronauti sulla Iss, e dall’altro Blue Origin e Virgin Galactic, che puntano invece al turismospaziale. In entrambi i casi, il traguardo previsto è la fine dell’anno prossimo: chi rispetterà i patti?

Nei mesi scorsi si sono accumulati svariati ritardi per tutte le compagnie, quindi è difficile fare una stima esatta. Ma al momento lo scenario più probabile per il 2019 pone in vantaggio lo space tourism, mentre si allontanano le speranze di avere in tempo un taxi privato da e per la stazione spaziale.

Il fondatore della Virgin Galactic, Richard Branson – che proprio in questi giorni ha firmato con il presidente dell’Asi Roberto Battiston un accordo per il volo suborbitale in Italia – punta a offrire entro l’anno prossimo esperienze in microgravità sulla navetta WhiteKnightTwo a oltre 100 chilometri d’altezza, per sperimentare circa sei minuti di assenza di peso. Il prezzo? 250 mila dollari a biglietto. Non sono ancora noti invece i costi dei viaggi spaziali per miliardari sul razzo New Shepard della Blue Origin, che però come Virgin Galactic promette di organizzare i primi viaggi di piacere nello spazio entro il 2019.

 

Passando dal trasporto di turisti a quello di astronauti, lo scenario sembra essere meno roseo. Secondo un nuovo report appena diffuso dal governo statunitense, è altamente improbabile che Boeing e SpaceX riescano a rispettare i patti e avere pronto in poco più di un anno un passaggio sicuro per la Iss. Si tratta di un ritardo che può costare caro alla Nasa, che inizia a mettere in conto la possibilità di un periodo di sospensione delle attività statunitensi sulla stazione. Nella primavera del 2019terminerà infatti il contratto con Roscosmos per i posti sulla Soyuz, e gli Stati Uniti potrebbero trovarsi senza accesso umano alla casa spaziale. Un rischio che da gennaio di quest’anno appare sempre più concreto, dopo gli ulteriori slittamenti nella tabella di marcia di Boeing e SpaceX. Le aziende fondate da William Boeing ed Elon Musk erano infatti state designate come le responsabili per la costruzione delle future navicelle per il trasporto di astronauti nell’ambito del Commercial Crew Program americano. I piani presentati a Houston dalle due compagnie prevedevano una serie di test progressivi sulle capsule in via di sviluppo, crew Dragon per SpaceX e Cst-100 Starliner per Boeing, con l’obiettivo di mandare nello spazio i primi astronauti su un volo commerciale già entro il 2018. I ritardi nella fase di test hanno reso questa possibilità sempre più remota, e ad oggi sembra che un volo con equipaggio non si possa garantire neppure nel 2019.