Per sopravvivere, tutti gli organismi hanno bisogno di energia. Ma per produrre questa energia, le creature viventi dipendono dall’attività metabolica di complessi ioni metallici collegati alle proteine: i cosiddetti gruppi ferro-zolfo. Eppure si pensa che, nonostante questi elementi siano evolutivamente molto antichi, non fossero presenti sulla Terra quando sono comparse le prime forme di vita. Da qui il paradosso: come è possibile che le prime cellule viventi siano nate senza energia?

Un nuovo studio risponde per la prima volta a questa domanda. La ricerca, coordinata dall’Università di Trento e pubblicata su Nature Chemistry, spiega, infatti, il meccanismo biochimico che per primo potrebbe aver dato origine alla vita sulla Terra, svelando il ruolo dei gruppi ferro-zolfo nell’evoluzione prebiotica e, al tempo stesso, risolvendo un paradosso su cui gli scienziati si interrogano da tempo rispetto alla comparsa delle prime forme viventi sul nostro pianeta.

Secondo gli autori, i gruppi di ferro e zolfo alla base degli enzimi necessari alla vita potrebbero essere letteralmente fluttuati sopra i mari primordiali circa 4 miliardi di anni fa. A produrli sarebbero state alcune biomolecole primitive, sali di ferro, ‘attivate’ da un ingrediente prima sconosciuto: la luce ultravioletta (UV).

Sarebbe dunque nient’altro che il Sole il responsabile della nascita della vita, insieme ai gruppi ferro-zolfo che avrebbero dunque dato il via alle prime forme di attività metabolica proprio grazie all’energia prodotta dalla nostra stella.

«Abbiamo scoperto che un’enorme varietà di peptidi, precursori delle proteine con soli tre amminoacidi di lunghezza, potrebbe aver facilitato la formazione dei gruppi ferro-zolfo» spiega Sheref Mansy, ricercatore del CIBIO – Centro di Biologia integrata dell’Università di Trento e leader dello studio. «Sorprendentemente, questo processo è stato aiutato dalla luce del Sole, in un modo che ricorda i meccanismi chimici sfruttati dalle cellule moderne».

Lo studio di Mansy e colleghi aiuta così a delineare un percorso evolutivo logico, dalle prime molecole presenti sulla Terra probiotica fino alle proteine contemporanee.
«Ma soprattutto – continua il ricercatore – il nostro lavoro fornisce un’idea di come il metabolismo potrebbe essere emerso per la prima volta. Si tratta di un meccanismo molto importante, perché senza metabolismo una cellula non può sopravvivere. Del resto, per sopravvivere tutti dobbiamo mangiare».

Secondo Sheref Mansy, il nuovo studio è compatibile con l’ipotesi di Darwin, avanzata oltre un secolo e mezzo fa, per cui il primo ‘incubatore’ della vita sulla Terra sarebbe stato un piccolo stagno piuttosto che il vasto oceano. «La teoria darwiniana dello stagno – spiega Mansy – implica che i primi organismi si sarebbero formati sulla superficie della Terra probiotica, esposti quindi alla luce del Sole».

«La vita come la conosciamo dipende completamente dai metalli, e la Terra è ricca di elementi metallici: quindi è logico che la vita abbia avuto inizio sfruttando in qualche modo questa condizione. Spero che il nostro lavoro porti maggiore attenzione sull’importanza dei metalli per lo studio della vita e della sua origine».Lo studio è stato possibile grazie a finanziamenti della Fondazione Simons e della Fondazione Armenise-Harvard.