Traffico intenso in orbita bassa. Il settore dei vettori spaziali è cresciuto sempre più negli ultimi anni, e molto presto lanciare razzi sarà considerata un’operazione di routine. Con cadenza quotidiana, se non persino oraria: una tabella di marcia che prevede diversi lanci in una stessa giornata sarà infatti perfettamente normale.

Una dimostrazione di questo futuro sviluppo verso il traffico spaziale l’abbiamo avuta già sul finire del 2018, quando per la prima volta nella storia sono stati programmati 4 liftoff nello stesso giorno. Lo scorso 18 dicembre 4 diverse aziende aerospaziali hanno pianificato altrettante missioni da punti diversi del pianeta: SpaceX dalla Florida, Blue Origin dal Texas, Arianespace dalla Guiana francese e United Launch Alliance dalla California.

Tutti i lanci sono stati poi rinviati a causa motivi tecnici o metereologici: per un effettivo affollamento dei cieli determinato dalle compagnie spaziale private si dovrà quindi aspettare ancora un po’. Ma già il fatto che sia stato possibile programmare 4 lanci nell’arco di 24 ore è indicativo di quanto il settore si potrà sviluppare in futuro, con l’abbassamento dei costi e la costruzione di razzi di ultima generazione. Del resto l’alleanza con lo spazio privato è da tempo una prerogativa delle principali agenzie spaziali, Nasa in testa, rispetto ai futuri obiettivi di esplorazione di Luna e Marte.

Nel frattempo cresce a vista d’occhio l’economia spaziale legata alle telecomunicazioni: oggi spedire un satellite nello spazio è alla portata di molte aziende, grazie ad esempio alla tecnologia dei vettori parzialmente riciclabili messa a punto da SpaceX. Il colosso di Elon Musk avrebbe dovuto occupare la prima finestra di lancio del quartetto di voli previsto per lo scorso 18 dicembre: la partenza del suo Falcon 9 era infatti prevista per le 9.11 locali (le 15.11 in Italia). SpaceX avrebbe dovuto lanciare il primo di una nuova serie di satelliti Gps dell’aeronautica militare – questa volta, a causa di una serie di limiti areonautici, senza recupero del primo stadio del razzo. Il lancio ha però subito due rinvii, prima per un problema a un sensore e poi per la presenza di venti troppo forti in quota. Il liftoff è avvenuto finalmente il 23 dicembre alle 14:51 italiane dal Launch Complex 40 di Cape Canaveral in Florida – successo che ha permesso a SpaceX di festeggiare 21 lanci effettuati nel 2018, tre in più rispetto allo scorso anno. È inoltre la prima volta che la compagnia di Musk prende parte a un’iniziativa di sicurezza nazionale statunitense, attraverso il programma Air Force’s Evolved Expendable Launch Vehicle.

Anche il lancio di Arianespace dalla base spaziale europea di Kourou in Guiana francese aveva come obiettivo la difesa nazionale: la missione, prevista per il 18 e rinviata al giorno successivo per condizioni climatiche avverse, promette di realizzare immagini satellitari con risoluzione altissima da fornire all’agenzia spaziale francese e in generale alla difesa transalpina. Il vettore Soyuz, per l’occasione ribattezzato col nome di VS20, è partito il 19 dicembre alle 17.37 italiane posizionando con successo Cso-1, il primo di una costellazione di tre satelliti che andranno a formare la cosiddetta Composante Spatiale Optique (Cso).

Prevalentemente scientifica doveva invece essere la missione programmata alle 15:30 italiane del 18 dicembre da Blue Origin. Il razzo New Shepard avrebbe dovuto ospitare alcuni esperimenti tecnologici nell’ambito del programma Flight Opportunities della Nasa, da realizzare nei pochi ma intensi minuti dell’ingresso del vettore in microgravità.  Anche nel caso della compagnia di Jeff Bezos il lancio è stato rinviato per problemi tecnici ma, a differenza di SpaceX e Arianespace, Blue Origin non è riuscita a recuperare nei giorni successivi la missione, che è stata quindi rimandata a inizio 2019.

Stessa sorte anche per l’ultimo volo inizialmente previsto per il 18 dicembre: la United Launch Alliance avrebbe dovuto far partire dalla Vandenberg Air Force Base in California il suo razzo Delta IV Heavy con a bordo un satellite per le telecomunicazioni indiano. La causa del rinvio, a data da destinarsi, è stata un’eccessiva concentrazione di idrogeno rilevata in uno dei motori.

L’inizio del nuovo anno si preannuncia dunque già pieno, tra i lanci da recuperare e quelli già in programma. Il numero di voli, che dallo Sputnik sovietico lanciato per primo nel ’57 fino a oggi ha superato i 5.700 liftoff, è destinato ad aumentare, il che renderà forse possibile un’operazione molto simile a quanto già avvenuto nel settore dell’aeronautica. Se poi alle telecomunicazioni si aggiungerà la nuova frontiera del tanto discusso turismo spaziale, ecco che il traffico in orbita bassa eguaglierà presto il traffico aereo.