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Che si tratti di cambiamenti climatici o di viaggi spaziali, il mondo del futuro ha più che mai a che fare con la ricerca scientifica e ogni governo, almeno in Italia, inserisce la sua possibile riforma nel programma.

In Italia il mondo della ricerca registra un numero di addetti in crescita. Oltre il 3,9% dal 2015 per quasi 260 mila unità impiegate a tempo pieno. L’aumento risulta maggiore per le istituzioni private non profit (+7,1%) e le imprese (+5,8%) più limitato per università (+2,2%) e istituzioni pubbliche (+0,4%) nel triennio 2015-2017. Punto di forza della ricerca italiana sono i ricercatori stessi, che si distinguono per produttività, molto superiore alla media degli altri paesi. Nota dolente sono invece gli investimenti in ricerca e sviluppo che registrano un’incidenza percentuale della spesa sul Prodotto interno lordo pari all’1,34%, ben al di sotto della media UE del 2,03% e decisamente distante dagli obiettivi 2020 fissati dall’UE stessa.

 

A questo limite finanziario sembrerebbe aggiungersi una certa frammentarietà del sistema, con oltre 20 istituti, accademie e enti di ricerca pubblici e privati vigilati da dicasteri diversi e un deficit di coordinamento.

 

«Le principali criticità – spiega il Vice Ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, Lorenzo Fioramonti – hanno a che vedere ovviamente con i pochi finanziamenti sia pubblici che privati, ma anche alla scarsa capacità di fare sistema tra i vari contesti della ricerca, non solo a livello interdisciplinare ma anche a livello di enti pubblici e privati. A ci si aggiunge una cronica difficoltà di collaborare con il contesto industriale». «Al contempo – aggiunge il Viceministro –  Il sistema della ricerca in Italia ha moltissime potenzialità. In questo paese riusciamo a fare cose ottime altamente competitive spesso con pochissime risorse».

 

Una delle possibili risposte viene individuata nella creazione di un’agenzia nazionale per la ricerca: «L’Agenzia dovrebbe creare un coordinamento trasversale tra le strutture ministeriali che gestiscono la ricerca», spiega Fioramonti, che prosegue: «Abbiamo bisogno di una cabina di regia a livello governativo che sia in grado di unificare la forma di coordinamento e di dare un’impostazione di lungo termine agli obiettivi di ricerca e creare maggiore continuità sui sistemi di valutazione e di finanziamento della ricerca».

 

Ma se l’organizzazione del sistema è scelta politica e avrà bisogno del suo tempo, il tema dei finanziamenti è più che mai attuale. Un’opportunità sembra essere rappresentata dal nuovo programma quadro dell’Unione Europea sulla ricerca, Horizon Europe che prevede un bilancio di 100 miliardi.

 

«A differenza dei precedenti programmi quadro – ci spiega Francesco Profumo già Presidente del CNR e Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca del Governo Monti – l’obiettivo oggi è quello di creare un filo rosso tra il tema della ricerca europea, il tema degli investimenti sui fondi strutturali, una partecipazione diretta dei paesi membri e delle regioni, con una novità molto importante che è quella della partecipazione di soggetti privati come le fondazioni. Il nostro paese deve ri-disegnare il suo sistema della ricerca proprio sulla base di questa grande opportunità».

 

Coordinamento e finanziamenti. Il settore della ricerca italiano ha un discreto curriculum riconosciuto e apprezzato nel mondo. Non sempre questo, però, è sembrato sufficiente perché avesse l’attenzione che merita: «Dobbiamo creare un ecosistema della ricerca, abbiamo bisogno di qualità diffusa e che l’eccellenza sia una costante del nostro sistema» conclude Lorenzo Fioramonti.