Circa 4 miliardi di anni fa, il nostro pianeta era un luogo davvero inospitale. Eruzioni vulcaniche continue, bombardamenti di asteroidi, e nessuna traccia di ossigeno. Qualunque forma di vita, anche la più elementare, non avrebbe mai potuto svilupparsi in un ambiente simile.

Eppure a un certo punto qualcosa è cambiato, e nonostante le bassissime probabilità di successo la chimica terrestre ha creato le condizioni giuste per la nascita delle prime forme viventi. Che cosa ha permesso di raggiungere questo punto critico? E quali sono stati gli ingredienti che hanno dato il la allo sviluppo dei primi amminoacidi, delle proteine e di tutti gli altri elementi essenziali per la vita?

Si tratta di domande fondamentali nella scienza antica e moderna, e sono ancora molti gli enigmi da risolvere sull’origine della vita. Oggi, la teoria del “mondo a Rna” – secondo cui le primissime forme di vita si sarebbero fondate su Rna, molecola implicata in vari ruoli biologici di codifica, decodifica, regolazione e l’espressione dei geni – sembra aver trovato un’ulteriore conferma.

Un nuovo studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences e condotto da un team dell’Università di Harvard, suggerisce che le prime forme di vita potrebbero essere nate da un diverso insieme di basi azotate rispetto a quelle che conosciamo oggi. Nello specifico, i ricercatori hanno replicato in laboratorio l’Rna sostituendo la guanina – una delle due basi azotate puriniche che formano i nucleotidi degli acidi nucleici Dna e Rna – con un nuovo ingrediente: l’inosina. Questo nucleoside viene scambiato nelle cellule come guanina e potrebbe dunque essere servito come surrogato agli albori dello sviluppo della vita.

La scoperta potrebbe aiutare a confermare l’ipotesi del “mondo a Rna” ma anche aprire un nuovo scenario su come l’origine della vita si sia sviluppata attraverso molteplici percorsi.