Grazie a un nuovo modello teorico e allo sconfinato archivio di sorgenti ai raggi X degli osservatori spaziali Xmm-Newton dell’Esa e Chandra della Nasa, un team di scienziati ha scoperto tre nuove pulsar. Lo studio, pubblicato di recente su The Astrophysical Journal Letters, fornisce un nuovo strumento per conoscere da vicino i meccanismi di emissione di queste sorgenti cosmiche affascinanti ed estreme.

Le pulsar sono stelle di neutroni e prendono il loro nome dal fatto che ci appaiono come sorgenti pulsanti. Questo perché la loro emissione luminosa avviene lungo l’asse magnetico della stella, inclinato rispetto al suo asse di rotazione. Di fatto le pulsar sono dei fari cosmici, e i loro impulsi sono così precisi da non temere il confronto con i più precisi orologi atomici.

Storicamente le pulsar sono state scoperte attraverso la loro emissione radio, ma oggi sappiamo che brillano anche in altri intervalli di luce, come i raggi X e gamma. La radiazione luminosa prodotta da queste sorgenti deriva principalmente dall’accelerazione delle particelle cariche lungo le linee di campo magnetico della stella. Trovare nuove pulsar nei raggi gamma è relativamente facile: il telescopio Fermi della Nasa ne ha individuate circa 200 negli ultimi dieci anni, grazie alla possibilità di indagare grandi porzioni di cielo. Di queste 200 solo una ventina sono state viste pulsare anche nei raggi X.

«A differenza degli strumenti che lavorano nei raggi gamma, i telescopi a raggi X devono sapere esattamente dove puntare, quindi dobbiamo fornirgli una specie di guida», spiega Diego Torres, dell’Istituto di Scienze Spaziali di Barcellona, coautore dello studio. «Il nostro modello aiuta a spiegare i processi di emissione delle pulsar e può essere utilizzato per prevedere l’emissione di raggi X che dovremmo osservare, sulla base di quella nota nei raggi gamma». Il modello descrive la luminosità osservata a diverse lunghezze d’onda nelle pulsar e permette, a partire da quanto osservato in una banda di luce, di prevedere ciò che accade in altre lunghezze d’onda.

Sulla base di questo modello, il team di scienziati ha selezionato tre sorgenti note per la loro pulsazione nei raggi gamma e di cui si poteva prevedere un’emissione nei raggi X cercandole negli archivi di Xmm-Newton e Chandra. «Non solo abbiamo trovato le pulsazioni nei raggi X, ma abbiamo anche scoperto che lo spettro in questa banda era proprio quello previsto dal modello», dice Jian Li del Deutsches Elektronen Synchrotron di Zeuthen, in Germania, primo autore dell’articolo. «Questo significa che il modello descrive in modo molto preciso i modelli di emissione di una pulsar».

Il risultato è un importante passo avanti per la comprensione dei fenomeni fisici che contribuiscono al comportamento delle pulsar su tutto lo spettro elettromagnetico. Questo permette anche di comprendere meglio quali interazioni ci sono tra particelle e campi magnetici in altri contesti. Ci possiamo aspettare importanti risultati con la prossima generazione di telescopi spaziali a raggi X, che amplieranno ulteriormente gli archivi di sorgenti note.