Era sotto i nostri occhi, ma solo Gaia ha potuto osservarla: una anomala collezione di stelle è immersa nella nostra Galassia, ci circonda e in questo momento è molto vicino a noi. Così lontane così vicine, le stelle eterogenee si nascondono tra la folla della Via Lattea ma sono diverse nelle loro traiettorie, molto allungate, che vanno nella direzione opposta a quella delle altre stelle. La strana popolazione già spiccava nel diagramma di Hertzprung-Russel che dipinge un ritratto di famiglia per stelle sulla base del colore e della luminosità. Adesso, con i dati di Gaia, il telescopio spaziale dell’Esa, raccolti nei primi 22 mesi di osservazioni, il team di astronomi guidati da Amina Helmi dell’Università di Groningen nei Paesi Bassi ha smascherato i 30.000 esemplari della collezione eterogenea. Lo studio, effettuato su 7 milioni di stelle, è pubblicato su Nature.

«Sono le macerie di una fusione galattica» dice Amina Helmi, principale autore dello studio. Lo schianto avvenne 10 miliardi di anni fa tra la Via Lattea e una grande galassia, le cui antiche stelle sono rimaste a comporre l’alone interno e il disco spesso. Nel disco della nostra Galassia si distingue la parte sottile, con bracci a spirale, e il disco spesso che contiene il 10 – 20 per cento delle stelle dalle origini prevalentemente misteriose. Gli studiosi hanno integrato le osservazioni di Gaia col ricorso alla chimica, rilevando che la collezione anomala di stelle possiede analoga composizione chimica, segno della medesima provenienza.

Gaia Encelado è il nome della grande galassia del passato che ha lasciato l’impronta sulla Via Lattea. Si ritiene che avesse le dimensioni di una delle nubi di Magellano, circa dieci volte inferiore alla dimensione attuale della Via Lattea. ‎ 10 miliardi di anni fa, tuttavia, anche la Via Lattea era molto più piccola, e perciò la Via Lattea sostenne uno scontro molto duro, inglobando, oltre alla collezione di stelle eterogenee, anche 13 ammassi globulari scoperti dal team di studiosi.

Gaia è unacornerstone mission dell’ESA. Del trattamento dei dati si fa carico la comunità astronomica europea attraverso il Data Processing and Analysis Consortium (DPAC). L’Italia (ASI + INAF) partecipa al DPAC per una frazione molto importante