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Addio a Stephen Hawking, la prima luce sui buchi neri

Stephen Hawking

Uno dei più grandi scienziati a livello mondiale, l’astrofisico della Teoria del Tutto. Il ricordo di Roberto Battiston

Addio a Stephen Hawking, uno dei cosmologi più celebri degli ultimi decenni per le sue teorie sui buchi neri e l’origine dell’universo, e uno dei ricercatori che più hanno fatto discutere per le affermazioni al confine tra cosmologia e religione, come quella secondo cui si può spiegare la nascita dell’universo senza l’intervento di Dio.

Se ne è andato all’età di 76 anni, dopo avere sfidato fin dall’adolescenza la forma di atrofia muscolare progressiva che progressivamente lo aveva costretto alla paralisi. Una sedia a rotelle progettata su misura e un computer con sintetizzatore vocale sono i mezzi che gli hanno permesso di comunicare con il mondo.

Con la stessa determinazione ha sfidato la fisica del suo tempo e ha dato alla cosmologia un’impronta decisiva: grazie a lui i buchi neri hanno smesso di essere un’ipotesi fantasiosa e una delle sue convinzioni più ferme vedeva nella colonizzazione dello spazio la speranza di sopravvivenza dell’umanità.

Nato a Oxford l’8 gennaio 1942 (esattamente 300 anni dopo la morte di Galileo Galilei, come ha sempre tenuto a precisare) Hawking ha sempre descritto se stesso come un bambino disordinato e svogliato, tanto che ha imparato a leggere solo all’età di 8 anni. Le cose hanno preso una piega diversa quando gli à stata diagnosticata la malattia. In quel momento “ogni cosa è cambiata: quando hai di fronte l’eventualità di una morte precoce, realizzi tutte le cose che vorresti fare e che la vita deve essere vissuta a pieno”, diceva.

L’ironia di Hawking e la partita a poker con i fisici L’universo aveva da sempre esercitato su di lui un enorme fascino e nel 1963 questa passione lo aveva portato all’università di Cambridge. Gli anni tra il 1965 e il 1975 sono stati scientificamente tra i più produttivi della sua vita: è allora che ha scritto il suo libro più famoso: “Dal Big Bang ai buchi neri, breve storia del tempo”. Sempre a Cambridge, dal 1976 al 30 settembre 2009 ha occupato la cattedra che era stata di Isaac Newton.

Le sue ricerche sui buchi neri hanno permesso di confermare la teoria del Big Bang, l’esplosione dalla quale è nato l’universo. Dagli anni ’70 ha cominciato a lavorare sulla possibilità di integrare le due grandi teorie della fisica contemporanea: la teoria della relatività di Einstein e la meccanica quantistica. Le sognava riunite nella “teoria del tutto”, che nel 2014 ha ispirato il film di James Marsh dedicato a Hawking.Una delle teorie più recenti che il fisico e cosmologo britannico aveva formulato con il fisico Thomas Hertog, del Cern di Ginevra, prevede che l’universo non abbia avuto un inizio e una storia unici, ma una moltitudine di inizi e di storie diversi. La maggior parte di questi mondi alternativi sarebbe però scomparsa molto precocemente dopo il Big Bang, lasciando spazio all’universo che conosciamo.

“Mi ricordo – racconta il presidente dell’ASI Roberto Battiston – dell’ incontro con Stephen Hawkins al CERN,  nel 2009  quando ha visitato  il nostro  esperimento AMS, ora sulla ISS,  dedicato alla ricerca dell’ antimateria e della materia oscura nei raggi cosmici. Un uomo fisicamente fragilissimo, ma che si spostava da un continente all’ altro, per vedere, studiare e capire. Lentissimamente ci ha posto delle domande a cui abbiamo risposto. Domande sull’ esperimento, su come era fatto sulle prospettive scientifiche. Un ora ad alta tensione, una discussione surreale ma scientificamente interessantissima. La sua forza, la sua intelligenza  ed il suo coraggio sono stati uno  stimolo per tutti i noi. In un certo senso nell’ uomo Hawkings venivano amplificati due aspetti della specie umana :  da una parte la sua fragilità  all’interno dell’ immensità che ci circonda, dall’ altra  la sua grandezza che permette di esplorare e capire, tramite l’intelligenza e gli strumenti della tecnologia,  l’universo fino alle sue origini”.

«Stephen è stato senza dubbio uno tra i più autorevoli scienziati al mondo», ha commentato Nichi D’amico, presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica. «Le sue indagini e le sue eccezionali doti intellettuali ci hanno permesso di gettare una nuova luce sull’universo. E’ anche grazie a lui e alla sua incessante attività di divulgazione al pubblico se oggi concetti come “buco nero” o “spazio-tempo” ci sono più familiari. Hawking è stato un raro esempio di come il pensiero di un essere umano sia trascendentale e totalmente immune anche alle limitazioni fisiche del corpo che lo ospita».

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