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La Testa di Cavallo sotto una nuova luce

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È uno degli oggetti celesti più noti e monitorati e ora la sua galleria fotografica si arricchisce di nuovi ritratti: la star in questione è la Nebulosa ‘Testa di Cavallo’, che ha posato per il telescopio spaziale Webb. Il telescopio l’ha immortalata nell’infrarosso con i suoi strumenti Miri (Mid-InfraRed Instrument) e NirCam (Near-InfraRed Camera) e i risultati di queste osservazioni, condotte da un team internazionale di astronomi, sono stati illustrati in uno studio di prossima pubblicazione su Astronomy & Astrophysics.

La nebulosa, scoperta nel 1888 dall’astronoma scozzese Williamina Fleming, si trova nella costellazione di Orione a circa 1300 anni luce di distanza dalla Terra. Noto anche con il nome di Barnard 33, questo oggetto celeste si è formato in seguito al collasso di una nube interstellare e il suo splendore è dovuto alla presenza di una stella, calda e vicina. Il gas che un tempo circondava la Testa di Cavallo si è diradato, ma il suo ‘pilastro’ ancora resiste in quanto è costituito da grumi di materiale piuttosto spessi; secondo gli studiosi, la nebulosa avrebbe un’aspettativa di ‘vita’ di circa 5 milioni di anni prima di dissolversi.

La Testa di Cavallo è stata classificata come una ‘regione di fotodissociazione’ (Pdr, photon-dominated region). Si tratta di un’area in cui la luce ultravioletta di stelle giovani e massicce crea una zona di gas e polveri calda e prevalentemente neutra, situata tra i gas ionizzati che ‘abbracciano’ gli astri in questione e le nubi in cui sono nati.

Le Pdr si presentano là dove il gas interstellare è sufficientemente denso per rimanere neutro, ma non al punto di bloccare il passaggio della luce ultravioletta delle stelle massicce; gli scienziati analizzano queste regioni per studiare i processi chimico-fisici sottesi all’evoluzione della materia interstellare nella Via Lattea. La Testa di Cavallo si presta ottimamente per questo tipo di ricerche sia per la relativa vicinanza alla Terra, sia per la sua particolare struttura.

Le foto realizzate dal telescopio Nasa-Esa-Csa si sono centrate sull’orlo luminoso della parte superiore dell’oggetto celeste; grazie alla sensibilità di Miri e NirCam, gli astronomi hanno potuto osservare per la prima volta le piccole strutture di questa parte della nebulosa. Hanno anche individuato delle striature che si estendono perpendicolarmente rispetto al fronte della Pdr, contenenti particelle di polvere e gas ionizzato diffuse nel flusso fotoevaporativo della nebulosa. Il gruppo di lavoro, dopo questa prima indagine, si dedicherà all’analisi dei dati spettroscopici della Testa di Cavallo per approfondire l’evoluzione del suo materiale.

La nebulosa è stata immortalata anche dai telescopi Hubble ed Euclid; nello specifico, Euclid – costruito e gestito dall’Esa con il contributo della Nasa e la collaborazione dell’Agenzia Spaziale Italiana, dell’Inaf, dell’Infn e di numerose università italiane – ha fotografato la Testa di Cavallo nella prima tranche di immagini del cosmo, rese note lo scorso 7 novembre.

In alto: la porzione della Nebulosa Testa di Cavallo visto dallo strumento NirCam del telescopio Webb [Crediti: Esa/Webb, Nasa, Csa, K. Misselt (University of Arizona) e Abergel (Ias/University Paris-Saclay, Cnrs) – La foto nelle sue dimensioni originali a questo link. 

In basso: la porzione della Nebulosa Testa di Cavallo visto dallo strumento Miri del telescopio Webb [Crediti: Esa/Webb, Nasa, Csa, K. Misselt (University of Arizona) and Abergel (Ias/University Paris-Saclay, Cnrs)] – La foto nelle sue dimensioni originali a questo link. 

 

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.