Una recente indagine dell’Università di Manchester realizzata su 800 pulsar seguite dal Jodrell Bank Observatory negli ultimi 50 anni ha rilevato che i primi esopianeti scoperti in assoluto rappresentano un caso più unico che raro.
Questi primi pianeti extrasolari, appartenenti cioè a un altro sistema stellare, sono stati osservati nel 1992 attorno a PSR B1257+12, una pulsar distante 2300 anni luce dal Sole. Attorno a questa si è formato un sistema planetario che conta almeno tre mondi di massa simile a quella dei pianeti rocciosi del nostro Sistema Solare.
Il lavoro rappresenta la più grande ricerca di pianeti in orbita attorno alle pulsar finora effettuata e mostra che solo lo 0,5% delle pulsar potrebbe ospitare pianeti terrestri grandi quanto i primi esopianeti osservati.
Lo studio è ancora in fase di pubblicazione e verrà presentato domani al National Astronomy Meeting (Nam 2022), in Inghilterra.

Le pulsar sono stelle estremamente dense, stelle di neutroni che ruotano rapidamente e generano campi magnetici estremi. Queste stelle diffondono emissioni radio luminose dai loro poli magnetici che sembrano pulsare durante la rotazione della stella. Le pulsar sono, quindi, come dei fari cosmici, caratterizzati da una sorprendente stabilità. Proprio la ricerca di irregolarità può essere la strada per scoprire la presenza di pianeti che ruotano attorno a questi fari.

Il team di astronomi dell’Università di Manchester è andato, quindi, alla ricerca dei segnali attraverso cui individuare pianeti con masse fino a 100 volte quella della Terra e periodi orbitali compresi tra 20 giorni e 17 anni. Risultato inaspettato, la ricerca ha mostrato che meno dello 0,5% delle pulsar potrebbe ospitare pianeti terrestri grandi come quelli noti in orbita attorno a PSR B1257+12 (circa 4 masse terrestri).

Le irregolarità osservate in 15 pulsar del campione sono state interpretate dal team, infatti, come falsi segnali: «troviamo che gli effetti magnetosferici quasi-periodici intrinseci possono imitare l’influenza di un pianeta e, per la maggior parte di questi casi, riteniamo che questa sia l’origine della periodicità rilevata», afferma Iuliana Nițu dell’Università di Manchester, primo autore dell’articolo.

Su tutti gli 800 casi di pulsar indagati,  PSR J2007+3120, è risultato l’unico probabile candidato a ospitare pianeti: secondo gli autori avrebbe almeno due corpi rocciosi con masse alcune volte maggiori della Terra e periodi orbitali di 1,9 e circa 3,6 anni.

I risultati dell’indagine, inoltre, forniscono informazioni sulle orbite di questi pianeti: a differenza di quelle quasi circolari osservate nel nostro Sistema Solare, questi pianeti orbiterebbero intorno alle loro stelle lungo traiettorie altamente ellittiche. Ciò indica che il processo di formazione dei sistemi pulsar-pianeta è molto diverso da quello dei tradizionali sistemi stella-pianeta.

Gli stessi autori del lavoro confermano, quindi, l’ipotesi che la formazione di pianeti attorno alle pulsar sia assolutamente rara. PSR B1257+12, la prima pulsar ad aver svelato i suoi pianeti, si conferma quindi un caso decisamente speciale: a tutti gli effetti ancora l’unica pulsar conosciuta ad ospitare pianeti di dimensioni terrestri.

«Dobbiamo ancora capire come questi pianeti possano formarsi e sopravvivere in condizioni così estreme. Scoprire quanto siano comuni e che aspetto abbiano è un passo fondamentale in tal senso», conclude Nitu.

Immagine in evidenza: illustrazione del sistema planetario della pulsar PSR B1257+12 e i suoi tre pianeti rilevati nel 1992. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech