I misteri ‘imprigionati’ nelle atmosfere planetarie del nostro Sistema Solare potrebbero essere svelati dal simulatore Planetary Spectrum Generator (Psg) della Nasa. Lo dice il recente studio dell’Università di Lisbona in cui le simulazioni realizzate con il Psg sono state confrontate con le osservazioni all’infrarosso dalle atmosfere dei pianeti Venere, Marte e Giove.

Dalla ricerca , realizzata dall’Instituto de Astrofísica e Ciências do Espaço e pubblicata sulla rivista scientifica Atmosphere, emerge che il simulatore Nasa rappresenta uno strumento efficiente per studiare gli elementi chimici di interesse scientifico presenti in piccole quantità, o dalla difficile rilevazione, nelle atmosfere planetarie del sistema solare. Un supporto alla ricerca di quelle “impronte digitali” che le molecole lasciano nello spettro della luce, ossia divisa nei suoi colori, che ci raggiunge dai diversi pianeti.

Rispetto alle osservazioni all’infrarosso, il tool online sviluppato presso il Goddard Space Flight Center della Nasa rileva le abbondanze chimiche modellizzando gli spettri planetari per una vasta gamma di lunghezze d’onda da qualsiasi osservatorio o satellite. Analizzare la presenza di composti chimici nell’atmosfera di un pianeta, roccioso o gassoso che sia, rimane oggi una delle strade migliori per studiare le condizioni ambientali del pianeta e come queste si siano evolute nel tempo. Succede però, a volte, che le rilevazioni di queste tracce chimiche non siano così semplici da studiare, oppure risultano non sufficientemente chiare e risolutive.

Emblematico è il caso misterioso della fosfina su Venere, molecola composta da tre atomi d’idrogeno e uno di fosforo la cui presenza è stata rilevata nel 2020 nell’atmosfera del secondo pianeta più vicino al Sole. La fosfina avrebbe, inoltre, un’origine biologica. L’ipotesi della sua presenza viene però smontata da successive ricerche, secondo cui la sostanza sarebbe in realtà anidride solforosa. Un caso che Psg potrebbe risolvere.
«La fosfina potrebbe non essere presente dopo tutto o essere presente in quantità molto più piccole di quelle inizialmente identificate, qualcosa che siamo stati anche in grado di riprodurre», afferma Pedro Machado coautore dell’articolo.

L’anidride solforosa rappresenta il terzo composto chimico più comune nell’atmosfera di Venere e non è da considerarsi un ‘mattone della vita’, piuttosto un elemento legato all’attività vulcanica del pianeta.
«Determinando con precisione l’abbondanza di questo composto a diverse altitudini, come abbiamo dimostrato essere possibile con Psg, saremo in grado di comprendere la sua origine», afferma João Dias, primo autore della ricerca.

Oltre alla misteriosa fosfina su Venere, anche il caso del metano su Marte potrebbe essere un banco di prova delle abilità del simulatore Nasa. Oltre a non essere ancora oggi chiara l’origine dell’elemento chimico, quindi se sia dovuto all’esistenza passata di forme di vita, oppure ai processi geologici del Pianeta Rosso, un velo di mistero avvolge la sua rilevazione.

L’elemento sembra infatti caratterizzato da una presenza sfuggente: se in passato il rover Curiosity di Nasa e, prima di lui, la missione MarsExpress di Esa avevano scoperto le tracce di metano nell’atmosfera di Marte, tutto ciò è stato ribaltato dal mancato rilevamento da parte della sonda Tgo (Trace Gas Orbiter), che costituisce la prima fase della missione ExoMars di Esa e Roscosmos.

«Variando i parametri delle nostre simulazioni, siamo stati in grado di spiegare questo rilevamento e non rilevamento di metano su Marte e capire le condizioni e i luoghi in cui possono verificarsi. Questo è un passo importante per chiarire l’associazione del metano su Marte con la possibile esistenza della vita», spiega Pedro Machado.

La dimostrazione dell’efficacia di Psg risulta dunque di grande importanza per le future missioni che studieranno le atmosfere planetarie. In particolar modo per quelle che sfrutteranno massicciamente l’intelligenza artificiale, come le missioni di Esa di EnVision per Venere, Mars Express per il Pianeta Rosso e, infine, Ariel per gli esopianeti nei sistemi extrasolari.

 

Immagine: Illustrazione del pianeta Venere e della molecola di fosfina, considerata un bioindicatore, cioè un possibile indicatore di attività biologica. Crediti: Danielle Futselaar