La radicale perdita di ghiaccio marino nel mar Artico è causata dal declino del ghiaccio marino pluriennale, ossia quello più spesso e quindi più resistente allo scioglimento rispetto al ghiaccio stagionale.

E’ quanto documentano le osservazioni di ICESat-2, missione satellitare lanciata nel 2018 e parte del programma Earth Observing System della Nasa. Secondo i dati raccolti nei suoi tre anni di operatività, il ghiaccio marino artico pluriennale avrebbe perso il 16% del suo volume invernale, l’equivalente di circa mezzo metro di spessore.

Stando allo studio, pubblicato sulla rivista AGU di Geophysical Research Letters, questo assottigliamento sarebbe causato da un preoccupante turn over tra le diverse tipologie di ghiacci marini: quello stagionale, che si scioglie completamente ogni estate piuttosto che accumularsi nel corso degli anni, sta infatti sostituendo il ghiaccio più spesso e pluriennale che subisce in modo decisamente meno radicale l’alternarsi delle temperature stagionali.

La ricerca è riuscita a stimare per la prima volta la profondità della neve del ghiaccio marino artico combinando le osservazioni di ICESat-2 e di CryoSat-2: la prima missione fornisce dati Lidar, ossia rilievi topografici ad alta risoluzione con stime in base alle coordinate geografiche, mentre la seconda, missione Esa lanciata nel 2010, fornisce dati radar in grado di tracciare i cambiamenti nello spessore del ghiaccio con una risoluzione di circa 1,3 centimetri.

«La profondità della neve artica, lo spessore e il volume del ghiaccio marino sono tre misurazioni molto impegnative da ottenere – afferma Ron Kwok, scienziato del Laboratorio di Fisica Applicata dell’Università di Washington e coautore dello studio – la notevole perdita di volume del ghiaccio marino invernale dell’Artico – un terzo del volume del ghiaccio invernale perso in soli 18 anni – ha accompagnato una perdita ampiamente segnalata del ghiaccio marino artico più vecchio e più spesso e il declino dell’estensione del ghiaccio di fine estate».

Lo studio ha analizzato una serie di osservazioni del ghiaccio marino artico per un periodo totale di 18 anni sfruttando i dati di ICESat, missione lanciata da Nasa nel 2003 e predecessore di ICESat 2, e quelli ottenuti dai più recenti satelliti ICESat-2 e CryoSat-2, il tutto con il fine di catturare i cambiamenti mensili nello spessore e nel volume del ghiaccio.

La perdita rilevata consiste complessivamente in circa il 18% del ghiaccio marino in circa due decenni, equivalenti a 6.000 chilometri cubici di volume di ghiaccio invernale.

Man mano che questo “serbatoio” di vecchio ghiaccio marino artico si esaurisce e il ghiaccio stagionale diventa la norma, a causa di un tourn over sempre più prolungato, lo spessore complessivo e il volume del ghiaccio marino artico dovrebbero diminuire.

«I modelli attuali prevedono che entro la metà del secolo possiamo aspettarci estati senza ghiaccio nell’Artico, quando il ghiaccio più vecchio, abbastanza spesso da sopravvivere alla stagione di fusione, non ci sarà più» afferma l’autore principale dello studio Sahra Kacimi, scienziata del Jet Propulsion Laboratory presso California Institute of Technology.

 

Immagine in evidenza: Il ghiaccio marino artico ha perso il 16% del suo spessore negli ultimi tre anni, secondo lo studio. Credito: NASA/Kathryn Hansen