Termometro in tilt per i maggiori laghi della Terra: queste preziose riserve di acqua dolce risultano turbate da violente ondate di calore che si stanno verificando con maggiore frequenza rispetto a vent’anni fa.

Il fenomeno, una delle tante conseguenze nocive della crisi climatica, è monitorato dallo spazio ed è al centro di un nuovo studio di Geophysical Research Letters (articolo: “Severe Lake Heatwaves Attributable to Human-Induced Global Warming”); l’indagine, basata su una pluralità di dati satellitari, è stata coordinata dalla Scuola di Scienze Oceaniche dell’Università di Bangor (Regno Unito) e ha visto il coinvolgimento del Climate Office dell’Esa. La ricerca è una delle prime a quantificare come i cambiamenti climatici – indotti dalle attività umane –  abbiano influenzato le ondate di calore dei laghi e offre inoltre una nuova prospettiva sulle modalità con cui i bacini rispondono al riscaldamento globale.

Il gruppo di lavoro ha utilizzato i dati satellitari dell’Esa Climate Change Initiative relativi ai laghi (Lake project): le informazioni provengono da numerosi satelliti, tra cui ricordiamo i Sentinel (programma europeo Copernicus), Ers-2 ed Envisat (ambedue Esa), Landsat (NasaUsgs) e Suomi Npp (Nasa).

Grazie alle osservazioni compiute da questa squadra di satelliti, anche lungo estesi archi temporali, gli studiosi hanno potuto misurare la ‘febbre’ ai laghi: i set di dati sono stati utilizzati per valutare l’andamento della temperatura sulla loro superficie. Il team ha scelto per la ricerca i 78 bacini più grandi su un database di 1000 unità: la vastità dei laghi selezionati – come Baikal, Victoria ed Erie – ha permesso di campionare le temperature in più punti e di avere a disposizione ampie serie temporali (dal 1995 al 2019).

Dall’analisi è emerso che la formazione di ondate di calore estreme potrebbe essere tre volte più probabile se il riscaldamento globale dovesse raggiungere il valore di 1,5°C ovvero l’obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi. Considerando uno scenario più drammatico, con il livello di riscaldamento globale a 3°C, la presenza di queste vampate potrebbe essere fino a 25 volte più probabile entro la fine di questo secolo. I ricercatori hanno poi confrontato i dati storici con i modelli climatici dell’Isimip (InterSectoral Impact Model Intercomparison Project) per stimare quanto le attività umane abbiano effettivamente contribuito alle ondate di calore e per prevedere la frequenza con cui esse si verificheranno nel prossimo secolo. Dall’indagine, inoltre, è emerso che i laghi più a rischio sono quelli situati nelle zone tropicali: hanno subito maggiormente l’azione dell’uomo e sono sottoposti a uno stress climatico più intenso.

I risultati dello studio mostrano quindi come il riscaldamento globale sia responsabile anche di questa ‘febbre’ che ha colpito i laghi: una riduzione del fenomeno – avvertono gli autori – è fondamentale ed è l’unica strada per dare il via a un’inversione di tendenza.

In alto: il Lago Vittoria visto da Sentinel-3 (Crediti: © modified Copernicus Sentinel, 2021, processed by ESA)