Una mappatura generale per fare un check-up ai ghiacciai della Terra: è quanto realizzato da un team internazionale di studiosi, che si è concentrato sulla misurazione dei movimenti e dello spessore delle coltri bianche.

L’indagine, coordinata dall’Ige-Institute of Environmental Geosciences di Grenoble, è stata pubblicata oggi su Nature Geoscience (articolo: “Ice velocity and thickness of the world’s glaciers”) e ha preso in esame oltre 250.000 ghiacciai, compresi alcuni del Sudamerica, delle isole subantartiche e della Nuova Zelanda che non erano mai stati mappati prima d’ora.

Questo lavoro di ampio respiro si configura come un vero e proprio ‘atlante’: è stato trattato il 98% delle coperture glaciali della Terra. Un ruolo centrale nella sua realizzazione è stato rivestito dalle immagini satellitari. Il gruppo di lavoro, infatti, ha studiato oltre 800.000 coppie di immagini attinte dai database delle missioni Landsat-8 della Nasa e Sentinel-1 e 2 del programma europeo Copernicus. Le foto, che hanno richiesto un lungo lavoro di processamento, risalgono al biennio 2017-2018 e includono ogni tipologia di ghiacciaio: dagli stretti ghiacciai alpini alle vaste piattaforme antartiche, da quelli che si muovono lentamente nelle vallate a quelli ‘velocisti’ che si protendono verso le acque oceaniche.

Il quadro che ne deriva non è molto incoraggiante: i risultati delle nuove misurazioni prospettano una riduzione globale del volume di ghiaccio pari al 20%. Questa percentuale si riferisce specificatamente al ghiaccio che contribuisce in maniera diretta all’innalzamento del livello delle acque, quindi a quelle coltri glaciali che si trovano sopra il livello del mare. Il calo riscontrato, purtroppo, ha delle implicazioni negative per il clima, per le attività umane e soprattutto per le riserve di acqua potabile. L’esito della ricerca, inoltre, induce a rivedere le proiezioni relative all’innalzamento del livello dei mari, una minaccia che incombe su una vasta parte delle zone costiere del globo, spesso densamente popolate e ricche di attività.

Lo studio, inoltre, ha riscontrato in alcune aree una maggiore quantità di ghiaccio rispetto a precedenti valutazioni; tuttavia, questo dato positivo viene compensato da quello di altre regioni che hanno patito particolarmente le bizzarrie del clima e hanno decretato la riduzione sopra citata. Ad esempio, si è scoperto che le Ande tropicali nel Sudamerica hanno perduto quasi un quarto di ghiaccio: questo corrisponde a un calo del 23% nelle riserve di acqua dolce per le popolazioni della regione. Invece, nell’Himalaya è stato riscontrato oltre un terzo di ghiaccio in più rispetto alle stime precedenti: ciò si traduce in un incremento del 37% delle risorse idriche per gli abitanti dell’area, nonostante i ghiacciai himalayani stiano subendo un rapido scioglimento.

Secondo gli autori, la nuova indagine segna un notevole miglioramento nelle stime del volume dei ghiacciai e, di conseguenza, delle riserve di acqua potabile; lo studio, comunque, richiede delle integrazioni con osservazioni e rilievi sul campo e una revisione dei modelli numerici visto che esistono ancora ghiacciai poco documentati.

In alto: i ghiacciai delle Ande tropicali analizzati nello studio (Crediti: Ige-Cnrs ©Mapbox ©OpenStreetMap ©Maxar)