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Una ‘mina vagante’ glaciale

Torna alla ribalta l’estremo sud della Terra dove la crisi climatica ha inciso in maniera particolarmente negativa, creando anche situazioni pericolose per gli ecosistemi: protagonista di un episodio davvero preoccupante è il gigantesco iceberg A-68A, che, nel suo peregrinare, ha rilasciato una colossale quantità d’acqua dolce – pari a 152 miliardi di tonnellate – nell’Atlantico meridionale.

L’iceberg ‘girovago’ è al centro di un nuovo studio di Remote Sensing of Environment (articolo: “Observing the disintegration of the A68A iceberg from space”); la ricerca è stata curata da un team di scienziati del Centre for Polar Observation and Modelling e del British Antarctic Survey e si basa sui dati di varie missioni satellitari nell’ambito dell’Osservazione della Terra. Tra di esse vi sono Sentinel-1 e 3: si tratta di satelliti ‘guardiani’ del nostro pianeta, che fanno parte della flotta ideata nell’ambito del programma Copernicus della Commissione Europea. La squadra di occhi ‘elettronici’ è stata poi completata da CryoSat dell’Esa e da Terra e IceSat2 della Nasa.

La vicenda di questo immenso blocco di ghiaccio galleggiante ha inizio nel 2017, con il distacco dalla piattaforma glaciale antartica Larsen-C. Dopo tre anni e mezzo di vagabondaggio, A-68A si è pericolosamente avvicinato alla Georgia del Sud, un’isola dell’Atlantico meridionale caratterizzata da ecosistemi molto fragili; il fatto aveva destato grande preoccupazione perché l’iceberg avrebbe potuto arenarsi con gravi conseguenze per i fondali e per la fauna dell’isola. Fortunatamente, questo scenario non si è avverato perché nel frattempo le dimensioni di A-68A – trovandosi in acque più calde – si erano ridotte. Tuttavia, non c’è da esultare perché – nei pressi dell’isola – l’iceberg ha appunto rilasciato l’enorme quantità di acqua dolce sopra menzionata: il fenomeno, che richiede ulteriori approfondimenti, potrebbe avere conseguenze sull’ambiente (ad esempio, sulla circolazione oceanica locale e sulla produzione biologica intorno all’iceberg).

Ma come si sono divisi i ‘compiti’ i satelliti che hanno tenuto d’occhio A-68A e il suo viaggio? Sentinel- 1 e 3, insieme a Terra, hanno monitorato i cambiamenti nell’area dell’iceberg; gli studiosi hanno utilizzato le immagini ottiche prodotte da Sentinel-3 e da Terra e quelle radar realizzate da Sentinel-1. CryoSat e IceSat2, invece, hanno misurato le variazioni nell’altezza del ghiaccio di A-68A che sporge dalla superficie del mare; in questo modo è stato possibile valutare l’andamento dello spessore e del volume e, di conseguenza, l’ammontare del rilascio di acqua dolce.

Anche in questo caso la tecnologia spaziale ha fatto la differenza: contando su un punto di vista privilegiato, i satelliti hanno potuto effettuare una vasta gamma di misurazioni – resa possibile anche dai progressi nelle tecniche di monitoraggio – che hanno permesso di studiare ogni movimento di A68 nel minimo dettaglio.

 

In alto: la posizione di A-68A rispetto alla Georgia del Sud (Crediti: British Antarctic Survey/Esa) 

In basso: visualizzazione della mole d’acqua rilasciata da A-68A (Crediti: CPOM/ESA/Google basemap)

 

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.