Ormai è un appuntamento che si ripete con una certa frequenza. Si tratta del decollo del Falcon 9 con a bordo un nuovo slot di satelliti Starlink della Space X, avvenuto lo scorso 18 gennaio dal Launch Complex 39A del Kennedy Space Center. Ad oggi, gli Starlink in orbita sono più di 2.000.

Il secondo stadio del lanciatore ha rilasciato il suo carico utile di 49 satelliti in orbita terrestre 15 minuti e mezzo dopo il decollo. Tuttavia, il dispiegamento è avvenuto in una parte dell’orbita senza copertura delle stazioni di terra, quindi la conferma non è arrivata fino a quando lo stadio non è passato su una stazione in Alaska – circa un’ora dopo.

Senza sorprese, il primo stadio del Falcon 9, al suo decimo volo, è atterrato dopo otto minuti e mezzo dal decollo su una nave nell’Atlantico.

Secondo l’astrofisico Jonathan McDowell, che tiene conto delle statistiche dei satelliti Starlink in orbita, gli ultimi 49 satelliti si aggiungono ai precedenti per un totale di 2.042 unità. Tale cifra include due prototipi di satelliti “Tintin” lanciati a febbraio 2018 e la serie di lanci Starlink, che trasportano fino a 60 satelliti alla volta, iniziata a maggio 2019. I 2.042 satelliti non sono tutti operativi o addirittura non ancora in orbita. Tra le statistiche di McDowell – che conta 1.879 satelliti in orbita, di cui 1.495 satelliti in orbita operativa, e quanto pubblicato in un tweet del 15 gennaio da Elon Musk che ne conta 1.469 – c’è una differenza di circa 26 satelliti tra quelli operativi. In ogni caso, Space X  è autorizzata al lancio di ben 4.408 satelliti, tutti in orbita a circa 550 chilometri. La società sta cercando di ottenere una nuova licenza della Federal Communications Commission (Fcc) per un sistema di seconda generazione di circa 30.000 satelliti da lanciare con il veicolo Starship in fase di sviluppo.

Ad agosto dello scorso anno, la società aveva proposto due configurazioni per una rete successiva che aveva originariamente illustrato alla FCC nel 2020: la rete presentava entrambe le opzioni progettate per diffondere i satelliti in modo più uniforme su 9-12 orbite inclinate per una copertura più densa e coerente, senza bisogno di spettro aggiuntivo o navicella spaziale. Amazon e altri rivali di SpaceX avevano chiesto alla Fcc di respingere il piano modificato, affermando che la richiesta di autorizzazione per più di una configurazione avrebbe incoraggiato il comportamento speculativo delle applicazioni da parte dei futuri operatori di costellazioni. La richiesta di fermare Space X ha certamente una relazione con i loro programmi di produzione e lancio di satelliti per l’utilizzo veloce di internet.

Oltre che dai concorrenti di Space X, la costellazione di satelliti Starlink è stata oggetto di una ennesima attenzione da parte della comunità di astronomi che lo scorso 17 gennaio ha pubblicato, su The Astrophysical Journal Letters, uno studio sull’effetto da inquinamento luminoso dei satelliti Starlink.

Lo studio ha tenuto conto degli effetti osservati con la Zwicky Transient Facility (Ztf) del Palomar Observatory in California e ha rilevato un forte aumento del numero di immagini – scattate verso l’alba e il tramonto – che presentavano striature lasciate dai satelliti. Le misurazioni Ztf hanno rilevato che i satelliti Starlink, malgrado la dotazione del  “parasole” VisorSat, avevano una magnitudine media di 6,8: un valore leggermente più luminoso della soglia di magnitudine 7 impostata dagli astronomi per ridurre al minimo gli effetti sugli strumenti sensibili, come la fotocamera che sarà utilizzata con l’Osservatorio Vera Rubin in fase di sviluppo in Cile.

In apertura: una immagine del “trenino” di satelliti Starlink della Space X (Crediti: Marco Langbroek)