Una ricerca dell’Australian National University – a cui partecipa anche l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – ha confermato che le galassie che contribuiscono alla formazione delle stelle sono responsabili della produzione di raggi gamma di cui fino ad oggi non si conosceva l’origine. Questi raggi sono una delle fonti luminose più potenti del cosmo e appaiono sotto forma di chiazze in porzioni di cielo apparentemente ‘vuote’. La scoperta potrebbe aiutare gli astronomi a risolvere altri misteri dell’Universo, come la composizione dalla materia oscura. Per realizzare lo studio, pubblicato su Nature, sono stati utilizzati i dati del telescopio spaziale Esa-Nasa Hubble e della missione Fermi Gamma-Ray della Nasa. Grazie alla strumentazione dei due telescopi, è stato possibile analizzare le informazioni su molte galassie, come i tassi di formazione stellare, le masse totali, le dimensioni fisiche e le distanze dalla Terra.

«Ci sono due sorgenti che producono grandi quantità di raggi gamma. Una si manifesta quando il gas cade nei buchi neri supermassicci e forma i nuclei galattici attivi (Agn) – spiega Matt Roth, dell’ Anu Research School of Astronomy and Astrophysics – mentre l’altra è associata alla formazione stellare nei dischi delle galassie. Abbiamo modellato l’emissione di raggi gamma da tutte le galassie nell’Universo e abbiamo confrontato i nostri risultati con le previsioni per altre fonti. Quindi, abbiamo scoperto che sono le galassie che formano stelle a produrre la maggior parte di questa radiazione gamma diffusa e non il processo Agn».

I ricercatori sono stati in grado di individuare ciò che ha creato questi raggi gamma dopo aver ottenuto una migliore comprensione di come i raggi cosmici – particelle che viaggiano a velocità molto vicine alla velocità della luce – si muovono attraverso il gas tra le stelle. I raggi cosmici svolgono un ruolo cruciale perché creano grandi quantità di emissione di raggi gamma nelle galassie che formano stelle, quando entrano in collisione con il gas interstellare.

«Il nostro modello – conclude Roth – può essere utilizzato anche per fare previsioni per l’emissione radio proveniente dalle galassie che formano stelle e per analizzare la loro struttura. Attualmente siamo impegnati nella produzione di mappe di queste sorgenti gamma che potrebbero rendere più facili le operazioni scientifiche dei telescopi di nuova generazione come il Cherenkov Telescope Array. Si tratta di un progetto internazionale che prevede la costruzione di due osservatori astronomici negli emisferi nord e sud della Terra, per studiare il cosmo attraverso i raggi gamma ad altissima energia».

Crediti foto: Nasa/Doe/ Fermi Lat Collaboration