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Pioggia di elio sui colossi del Sistema Solare

Precipitazioni di elio su pianeti composti essenzialmente da questo gas e dall’idrogeno, come Giove e Saturno, i due giganti gassosi del nostro sistema planetario: è questo il peculiare fenomeno al centro di un nuovo studio di Nature (articolo: “Evidence of hydrogen−helium immiscibility at Jupiter-interior conditions”).

L’indagine è stata condotta da un gruppo di lavoro internazionale che ha visto il coinvolgimento di varie istituzioni di ricerca, tra cui il Lawrence Livermore National Laboratory in California. L’esistenza di queste particolari piogge era stata ipotizzata circa 40 anni fa, ma solo le attuali tecnologie hanno reso possibile la validazione di questa teoria.

Il saggio di Nature illustra l’attività sperimentale realizzata in laboratorio per verificare i presupposti necessari a mettere in atto il fenomeno: le precipitazioni di elio sono possibili in una gamma di condizioni di pressione e temperatura in grado di rispecchiare quelle che si verificano su Giove e Saturno. I dati ottenuti, secondo gli studiosi, sono rilevanti perché possono aggiungere ulteriori tasselli alla storia della formazione e dell’evoluzione di questi pianeti.

Nei test di laboratorio il gruppo di lavoro ha abbinato compressione statica e onde laser, in modo da creare un ambiente analogo a quello dell’interno di Giove e di Saturno; l’attività è stata molto complessa ed è giunta a coronamento di anni di lavoro, ma anche di fervore creativo. Il team ha impiegato una cella a incudini di diamante: si tratta di uno strumento che permette di studiare materiali sottoposti a pressioni altissime, paragonabili a quelle che potremmo trovare nel centro della Terra. Il dispositivo è stato usato per comprimere una mistura di elio e idrogeno a 4 GPa (gigapascal); il campione, poi, è stato sottoposto ai raggi del laser Omega nel laboratorio dell’Università di Rochester, per portarlo alle pressioni finali di 60-180 GPa e riscaldarlo a svariate migliaia di gradi.

Giovandosi di una serie di strumenti diagnostici, gli scienziati hanno misurato la velocità dell’urto, la riflessività ottica del campione e la sua emissione termica: dall’analisi è emerso che la riflessività della mistura compressa non era cresciuta in maniera uniforme con l’aumento della pressione e che si sono presentate delle discontinuità nel segnale di riflessione. Questo dato indica che la conducibilità elettrica del campione stava repentinamente cambiando: una spia della separazione in atto tra elio e idrogeno.

I ricercatori hanno concluso che il miscuglio gassoso diventa instabile e si separa a determinate condizioni di pressione e temperatura. Questo processo si verifica quando la pressione e la temperatura sono prossime a quelle necessarie per trasformare l’idrogeno in un fluido metallico: tale mutazione dovrebbe essere all’origine della separazione dei due elementi.

Nello svolgimento dell’attività, l’interesse dei ricercatori si è focalizzato soprattutto su Giove: infatti, si ritiene che il pianeta extralarge abbia svolto una sorta di funzione protettiva verso le aree interne del Sistema Solare dove si è formata la Terra. In definitiva, se siamo qui dovremmo ringraziare il gigante gassoso.

In alto: Giove (Crediti: Nasa)

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.