Da vortice tondeggiante a struttura ramificata e complessa: è quanto avvenuto ad una tempesta osservata su Giove da Juno, la sonda della Nasa che vanta un significativo contributo italiano.

Il fenomeno atmosferico è stato scoperto nel 2020 dall’astrofilo sudafricano Clyde Foster ed è stato ribattezzato Clyde’s Spot, ovvero Macchia di Clyde. Il 2 giugno 2020, appena due giorni dopo la scoperta, Juno ha osservato in dettaglio questo vortice, situato a sud est della celebre Grande Macchia Rossa, il vasto ciclone attualmente ampio 1,3 volte la Terra. Gli scienziati, analizzando la nuova formazione, hanno concluso che si trattava di un pennacchio, costituito da nuvole nell’atto di riversarsi al di sopra degli strati più alti dell’atmosfera gioviana.

Queste intense ‘esplosioni’ di natura convettiva si manifestano occasionalmente in quest’area del pianeta, nota come Regione Temperata Sud. Il pennacchio iniziale della Clyde’s Spot si è ridotto in tempi piuttosto brevi, diventando nell’arco di poche settimane una macchia scura.

La breve durata di questo tipo di fenomeni non è un caso isolato, dato che l’atmosfera del ‘colosso’ del Sistema Solare è molto dinamica. Tuttavia, la Clyde’s Spot ha riservato delle sorprese al team di Juno: la sonda, con la sua fotocamera JunoCam, nell’aprile 2021 ha osservato di nuovo l’area della macchia e ha riscontrato che essa non era scomparsa, ma si era evoluta.

A distanza di 10 mesi, la Clyde’s Spot si è allontanata dalla Grande Macchia Rossa e si è trasformata in una struttura molto articolata che gli specialisti hanno definito ‘regione filamentosa ripiegata’ (folded filamentary region). Quest’area è due volte più grande in latitudine e tre volte più ampia in longitudine rispetto alla macchia originale, e ha tutti i ‘numeri’ per poter mantenersi in vita per un lungo periodo di tempo.

Juno ha realizzato l’immagine di giugno 2020 mentre si trovava ad una distanza di circa 45mila chilometri dalla coltre nuvolosa di Giove, mentre la foto di aprile 2021 è stata scattata da un’altezza di 27mila chilometri.

Juno, lanciata il 5 agosto 2011, ha raggiunto l’orbita di Giove il 5 luglio 2016 e da allora ha iniziato la sua attività scientifica, mirata a comprendere l’origine e l’evoluzione del pianeta. La missione, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana, vanta un significativo contributo ‘tricolore’ con lo spettrometro Jiram (Jovian InfraRed Auroral Mapper, dell’Inaf-Iaps, realizzato da Leonardo) e lo strumento di radioscienza KaT (Ka-Band Translator, dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma, realizzato da Thales Alenia Space-Italia).

In alto, la Clyde’s Spot nell’aprile 2021; in basso, nel giugno 2020 (Crediti: dati, Nasa/Jpl-Caltech/SwRi/Msss – elaborazione, Kevin M. Gill © CC BY­­)