X
    Categories: cosmo

Esopianeti poco diffusi

Nella moltitudine di esopianeti sinora scoperti costituiscono una rarità e questa loro caratteristica ha intrigato non poco gli scienziati: si tratta di una ‘famiglia’ di corpi celesti con dimensioni che vanno da 1,5 a 2 volte quelle della Terra, in pratica una via di mezzo tra le rocciose super-Terre e i mini-Nettuno, più grandi e gassosi.

Un recente studio, basato sui dati della missione Kepler della Nasa, tenta di chiarire la questione; il saggio, coordinato dal Flatiron Institute di New York, è stato pubblicato su The Astronomical Journal (articolo: “Evolution of the Exoplanet Size Distribution: Forming Large Super-Earths Over Billions of Years”).

Il team della ricerca, tenendo presente il divario del raggio (radius gap), ha iniziato a verificare se questo parametro poteva essere soggetto a cambiamenti in relazione al crescere dell’età degli esopianeti; i corpi celesti presi in esame sono stati suddivisi tra ‘più giovani di 2 miliardi di anni’ e ‘più vecchi di 2 miliardi di anni’. Il parametro in questione è stato riesaminato e l’indagine ha avuto questo esito: nella categoria giovani, i pianeti meno diffusi sono quelli con un raggio pari a circa 1,6 volte quello della Terra, mentre nel gruppo anziani i più rari sono quelli dotati di un raggio che è quasi 1,8 volte quello del nostro mondo.

Questi dati, per gli esperti, suggeriscono la presenza di una serie di mini-Nettuno che, nel corso della loro vita più che millenaria, si sono drasticamente ‘ristretti’: il fenomeno si è verificato quando la loro atmosfera ha ‘preso il volo’, lasciandosi dietro soltanto un nucleo solido. Quindi, perdendo i gas, i mini-Nettuno hanno fatto un ‘salto’ di categoria e sono diventati super-Terre; il radius gap, in altri termini, si pone come l’intervallo tra la più grande delle super-Terre e il più piccolo dei mini-Nettuno ancora in grado di trattenere la sua atmosfera.

Il gruppo di lavoro ritiene che i dati dell’indagine possano dare credito a due ipotesi precedentemente formulate per la ‘fuga’ delle atmosfere: esse prendono in considerazione il calore residuo dei processi di formazione planetaria e le intense radiazioni delle stelle ospiti. Ambedue i fenomeni, infatti, aggiungono energia nell’atmosfera, facendo ‘scappare’ i gas nello spazio.

Secondo gli autori del saggio, i più colpiti dalla perdita dell’atmosfera sono i mini-Nettuno più piccoli, che diventano super-Terre compatte e ‘toste’; neanche i più grandi sfuggono a questo destino, ma nel loro caso il processo è molto diluito nel tempo. Gli unici a resistere sono i giganti gassosi, la cui forza di gravità è tale da trattenere saldamente l’atmosfera.

Oltre a tentare di dare una soluzione ad una questione molto dibattuta, lo studio mostra chiaramente che i pianeti non sono sfere statiche di rocce e gas, come talvolta si tende a pensarli.

 

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.