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Esopianeta migrante

Studiare la composizione chimica dell’atmosfera di un pianeta per risalire al suo antico viaggio attraverso il cosmo. È quanto ha fatto un team di ricerca internazionale guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), che ha analizzato l’atmosfera dell’esopianeta Hd 209458b, un gigante gassoso molto vicino alla sua stella madre. Scoprendo così che si tratta di un mondo che viene da lontano, formatosi a grandi distanze dalla sua stella madre. In pratica, un esopianeta migrante.

«La parola migrante – dice Paolo Giacobbe dell’Inaf –  è la fine di tutto il puzzle. Noi abbiamo osservato questo pianeta in transito: i pianeti transitanti sono quei pianeti che occultano il disco stellare, e durante questo occultamento la luminosità della stella ha una piccola diminuzione che è possibile osservare da Terra. Quando il pianeta passa di fronte alla stella, la luce della stella viene filtrata dall’atmosfera, lasciando quelle che noi chiamiamo impronte chimiche – di base si tratta di migliaia di righe di assorbimento a posizioni ben specifiche».

Analizzando ed elaborando con complesse tecniche matematiche queste impronte chimiche, gli scienziati sono riusciti a rivelare simultaneamente per la prima volta la presenza di sei specie molecolari nell’atmosfera dell’esopianeta: acqua, monossido di carbonio, acido cianidrico, metano, ammoniaca e acetilene.

«Per quanto l’atmosfera contribuisca alla massa del pianeta in maniera infinitesimale, – spiega Giacobbe –  è quella che mantiene alcune delle tracce del suo percorso di formazione ed evolutivo. Il fatto di osservare una serie di molecole a base di carbonio indica un’atmosfera ricca di carbonio. Come si può spiegare quest’atmosfera? Una delle teorie proposte è che il pianeta si sia formato nelle zone più esterne del disco protoplanetario oltre una linea teorica chiamata snowline o linea di condensazione dell’acqua».

Il team ha utilizzato i dati raccolti dallo spettrografo ad alta risoluzione   installato sul Telescopio Nazionale Galileo sull’isola di La Palma alle Canarie. I risultati dello studio di cui Giacobbe è primo autore, appena pubblicati su Nature, gettano una nuova luce sul concetto di migrazione planetaria.

«La migrazione è una teoria ormai abbastanza assodata. Però non è così facile dimostrare se questa migrazione sia effettivamente avvenuta, e una delle osservabili prodotte era proprio quella della composizione chimica dell’atmosfera», conclude Giacobbe.

La ricerca a guida Inaf dimostra che la storia della migrazione di un esopianeta può davvero nascondersi nella sua atmosfera. Non resta adesso che raccogliere altri dati, per ricostruire le storie di altri esopianeti migranti.

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica