In breve viene chiamato Spa, ma non ha nulla a che fare con le sorgenti termali: dietro questo acronimo, infatti, si cela South Pole-Aitken ovvero il cratere più antico, vasto e profondo presente sulla Luna. Questo bacino, spesso al centro dell’attenzione, si è nuovamente guadagnato gli onori della cronaca per un recente studio che lo vede protagonista.

Il saggio, focalizzato sulla composizione del mantello lunare, è stato pubblicato su Journal of Geophysical Research: Planets ed è stato curato da un gruppo di ricercatori statunitensi, coordinato dal centro Goddard della Nasa (articolo: “Evidence for a Stratified Upper Mantle Preserved Within the South Pole‐Aitken Basin”).

Il cratere Spa si è formato in seguito ad un drammatico impatto, avvenuto in tempi piuttosto remoti nella storia lunare (circa 4,3 miliardi di anni fa); oggi la sua forma e la sua composizione possono offrire ai ricercatori importanti indizi su come doveva presentarsi il ‘volto’ della Luna in quel lontano passato. Il gruppo di lavoro ha svolto la sua indagine utilizzando sia modelli informatici, sia dati di missioni lunari, anche del passato, come Lunar Prospector della Nasa, terminata nel 1999.

Le simulazioni, infatti, mostrano che l’impatto all’origine di Spa è stato piuttosto violento ed ha prodotto l’emissione di materiali dall’antico mantello della Luna. Il quadro risultante dai modelli evidenzia aree della superficie lunare ricche di torio e, secondo gli studiosi, il materiale emesso rappresenta i sedimenti provenienti dal mantello allo stato fuso. Quando l’antico magma lunare si è raffreddato, i minerali e gli elementi si sono cristallizzati e hanno seguito due percorsi: sono sia affiorati per diventare parte della crosta, sia sprofondati per andare a costituire parte del mantello. Nella fase finale di questi processi, il torio e altri elementi densi sono rimasti imprigionati tra la crosta e il mantello sotto forma di sedimenti.

Per spigare le notevoli differenze tra il lato nascosto della Luna e quello rivolto verso la Terra, le teorie di un tempo suggerivano che i sedimenti ricchi di torio fossero presenti solo su quest’ultimo; tuttavia, i risultati delle nuove indagini mostrano che tale elemento è stato emesso a seguito di un impatto sulla faccia nascosta, dove si trova appunto il cratere Spa. Questo dato implica che, all’epoca del drammatico evento, il materiale ricco di torio doveva essere globalmente diffuso e non aveva ancora vissuto i processi verificatisi al temine della cristallizzazione del mantello.

A differenza dei materiali emessi, le rocce fuse nel corso della collisione non contengono cospicue quantità di torio. Questo fattore significa che l’antico mantello lunare doveva essere costituito di strati distinti: uno di essi, ricco di torio, era situato proprio sotto la crosta, mentre, ad un livello inferiore, doveva essere presente un altro strato, dotato di una composizione differente. Gli autori del saggio ritengono che una migliore comprensione del mantello potrà avvenire solo con future missioni lunari che prevedano il prelievo di campioni e, a tal proposito, hanno già identificato alcuni siti di raccolta.

Immagine in alto: la concentrazione di torio nel cratere Spa nelle misurazioni della missione Lunar Prospector (Crediti: Credit: Daniel P. Moriarty III)