Solar Orbiter ha completato il primo fly-by di Venere volando a circa 7500 chilometri di altezza sopra le nubi del pianeta. Nel corso del sorvolo diversi strumenti scientifici in situ – precisamente l’Energetic Particle Detector (Epd), lo strumento Radio and Plasma Waves (Rpw) e il magnetometro (Mag) –  sono stati accesi per effettuare rilevazioni sull’ambiente magnetico e sul plasma intorno alla navetta. Tuttavia in questa occasione non è stato possibile scattare alcuna foto, per via della posizione della sonda rivolta in direzione del Sole. 

Per allinearsi correttamente al flyby, i tecnici delle stazioni terrestri dell’Esa e dei team di dinamica di volo hanno utilizzato la tecnica del Delta-DOR (Delta-Differential One-Way Ranging) per determinare con precisione la posizione del veicolo spaziale nello spazio e la sua traiettoria. Nel corso di questa fase sono state utilizzate una serie di stazioni terrestri che hanno ricevuto i segnali radio della sonda, fornendo la sua posizione iniziale. Successivamente quest’ultima è stata confrontata con quelle di alcune sorgenti radio stellari, mappate da altre missioni. L’utilizzo della tecnica Delta-DOR permette di conoscere la posizione di una sonda a cento milioni di chilometri, da noi con una precisione inferiore al chilometro. Il percorso di Solar Orbiter è ‘in risonanza’ con quello di Venere e la sonda tornerà più volte nelle vicinanze del pianeta e potrà sfruttare la sua gravità per alterare o inclinare la sua orbita. 

Il prossimo rendez-vous con Venere è in programma per il prossimo agosto. Con il passare del tempo la sonda aumenterà gradualmente la sua inclinazione orbitale e nel 2025 compirà il suo primo passaggio solare con un’inclinazione di 17 gradi che crescerà fino a 33 gradi, entro la fine del decennio. Questa progressiva inclinazione permetterà a Solar Orbiter di osservare il Sole come non l’abbiamo mai visto, grazie alla realizzazione di immagini delle regioni polari solari, di fondamentale importanza per approfondire le conoscenze sulla nostra stella. Non solo, la combinazione degli strumenti di telerilevamento con quelli in situ, consentirà agli scienziati di ottenere informazioni sul comportamento del Sole anche in relazione ai cambiamenti climatici che stanno avvenendo sul nostro pianeta.

«Solar Orbiter sta continuando il suo viaggio alla scoperta dei misteri ancora nascosti della nostra stella e del mezzo che la circonda – afferma Denise Perrone ricercatrice Asi e project scientist per Swa – nonostante le difficoltà di quest’ultimo anno, i team strumentali hanno reso possibile l’operatività della missione e il raggiungimento dei primi traguardi scientifici».

Lanciata lo scorso 10 febbraio, Solar Orbiter effettuerà misurazioni approfondite grazie a una suite composta da 10 strumenti. Tra questi figurano il coronografo Metis, realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con l’Inaf e il Cnr, diverse università italiane e istituti di ricerca sparsi in tutto il mondo, la Dpu (Data Processing Unit) di Swa (Solar Wind Analyser) e il software di Stix (Spectrometer/Telescope for Imaging X-rays) rilevatore di raggi X.

Nel corso degli ultimi mesi Metis, con le prime osservazioni della corona solare durante le attività di commissioning,  è riuscito ad effettuare per la prima volta la mappatura completa delle velocità del vento solare su un campo di vista molto esteso, fino diversi raggi solari. I dati di Metis forniranno  la liason necessaria per poter connettere le osservazioni della bassa corona effettuate con gli strumenti EUI e PHI e le osservazioni effettuate dagli strumenti in-situ.  Si tratta di un avanzamento significativo, e che apre ad una serie di possibilità per lo studio della corona solare e la scienza dello space weather.