E’ già passato un anno dal 18 dicembre 2019, giorno in cui il telescopio spaziale Cheops –  la prima missione dell’Esa dedicata allo studio degli esopianeti – ha iniziato la sua avventura dallo spazioporto europeo di Kourou, in Guyana Francese.  Dopo un lancio da manuale, in coppia con il  primo satellite della costellazione dell’Asi e del Ministero della Difesa COSMO Second Generation (CSG), Cheops  si è posizionato nell’orbita prestabilita, dando il via alla prima parte della sua missione. In occasione del primo anniversario, ripercorriamo i successi ottenuti dal telescopio spaziale che osserverà più di 7000 stelle nei tre anni e mezzo di vita operativa prevista.

«La missione Cheops- dichiara Barbara Negri responsabile dell’unità operativa Volo Umano e Sperimentazione Scientifica dell’Asi – ha aperto un nuovo filone di ricerca per l’Europa, che vede l’Italia leader nella progettazione e realizzazione dei telescopi per lo studio degli esopianeti dallo spazio. Sono in fase di realizzazione le altre due missioni dell’ESA dedicate allo studio degli esopianeti, Plato e Ariel, per le quali l’Asi continua a svolgere un ruolo da protagonista, grazie alle importanti competenze ed esperienza acquisite dalla comunità scientifica e dall’industria italiana».

Lo scorso gennaio Cheops ha affrontato il primo momento decisivo della sua missione, ovvero la rimozione della cover del telescopio, aperto grazie all’invio di un comando del Mission Operation Center dell’Instituto Nacional de Técnica Aeroespacial, di Madrid.  Nel dettaglio la copertura è stata aperta inviando un impulso elettrico che ha riscaldato l’elemento che la teneva chiusa. A questo punto il dispositivo di fissaggio ha catturato il coperchio e grazie alle misure dei sensori installati i tecnici a terra hanno potuto constatare subito l’esito positivo dell’operazione. Successivamente, a febbraio, il telescopio ha puntato gli occhi sulla sua prima stella: Hd 70843 situata a circa 150 anni luce di distanza. La realizzazione di questa prima immagine è stata cruciale poiché ha permesso agli scienziati di valutare il corretto funzionamento del telescopio.

Qualche mese dopo precisamente ad aprile è giunto il momento di dare il via alle operazioni scientifiche: Cheops ha osservato due transiti di esopianeti davanti alle rispettive stelle ospiti, rilevando con precisione la piccola diminuzione della loro luce. Il telescopio inoltre, ha misurato con grande precisione anche il raggio dell’esopianeta KELT-11b, dimostrando di essere in grado di portare a termine gli obiettivi prestabiliti in fase di progettazione e realizzazione.

«Questo è stato un momento fondamentale per il team che ha costruito il telescopio di bordo – riferisce Mario Salatti, program manager di Asi per la strumentazione italiana a bordo della missione – con questa misura si è verificato che la catena ottica, dal telescopio alla back-end optics, realizzata e allineata dall’industria italiana, è effettivamente caratterizzata dalla grande stabilità termica richiesta come requisito sin dalle prime fasi di progettazione. La sonda era dunque pronta a fornire i dati per cui era stata costruita con la precisione attesa, come si è subito visto sin dai primi casi studiati».

A settembre invece, Cheops ha osservato Wasp-189 b, uno dei pianeti extrasolari più caldi ed estremi fin ora conosciuti. La caratterizzazione del pianeta e della sua stella è stata un’altra occasione preziosa per mettere in evidenza le capacità del telescopio e in particolare in questa occasione Cheops ha sfruttato la sensibilità del fotometro di bordo per misurare la variazione di luminosità del sistema stella/pianeta durante il transito e a cavallo dell’occultazione (quando il pianeta è passato dietro la stella) permettendo quindi di stimare anche la temperatura superficiale del pianeta.

«Le osservazioni di Cheops proseguono a pieno ritmo e nuovi risultati stanno per essere pubblicati – dice Elisabetta Tommasi, responsabile per Asi delle attività scientifiche per la missione – avremo maggiori dettagli su sistemi planetari già ben noti e studiati, ma che possono riservare sorprese, e nuovi dati per caratterizzare sistemi ancora poco conosciuti; i pianeti extrasolari si stanno rivelando sempre più stravaganti e diversi da quelli del Sistema Solare e con i risultati di Cheops potremo iniziare a capire i diversi meccanismi di formazione e le dinamiche di interazione con le stelle madri».

Cheops è una missione congiunta dell’Esa e della Svizzera, guidata dall’Università di Berna, in collaborazione con l’Università di Ginevra. Il cuore di Cheops è il telescopio di bordo, dotato di un fotometro estremamente sensibile, progettato dai ricercatori dell’Inaf di Padova e Catania e realizzato grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana, con la partecipazione delle industrie, in particolare Leonardo, Media Lario e Thales Alenia Space.  L’Italia ha un ruolo significativo anche nel team scientifico internazionale che vede la presenza di ricercatori di Inaf e dell’Università di Padova. Il telescopio funziona come un vero e proprio misura-pianeti, dedicato alla caratterizzazione di esopianeti di piccole dimensioni che transitano davanti alla loro stella madre. Grazie agli strumenti a bordo riesce a percepire la piccolissima variazione di luminosità delle stelle durate il passaggio dei pianeti davanti ad esse.