LABORATORI INFN/ L’esperimento DarkSide-50 presenta i nuovi risultati che confermano l’efficacia della tecnologia ad argon e rappresentano un importante passo avanti nella ricerca delle particelle di materia oscura WIMP

Redazione 21 febbraio 2018

È stato compiuto un nuovo importante passo in avanti, scientifico e tecnologico, nella ricerca della materia oscura. Anzi due. L’esperimento DarkSide-50, in attività ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), presenta, infatti, due nuovi risultati sullo studio della materia oscura. I dati sono riportati il 21 febbraio durante la conferenza Dark Matter 2018 in corso negli Stati Uniti, all’Università della California Los Angeles (UCLA). 
Oggi noi sappiamo di che cosa è fatto poco meno di un quinto della materia presente nel nostro universo. Della restante parte siamo in grado di dire solamente che è costituito di un altro tipo di materia, diversa da quella ordinaria di cui è composto tutto ciò che conosciamo, e che chiamiamo materia oscura, perché non emette o assorbe nessun tipo di radiazione osservabile con i nostri strumenti. Nonostante finora sia rimasta completamente invisibile, sappiamo però che esiste perché osserviamo gli effetti gravitazionali che essa esercita sulla materia ordinaria. Negli anni sono state formulate varie teorie sulla sua natura. Alcune di queste ipotizzano che le particelle di materia oscura possano essere le cosiddette WIMP, Weakly Interacting Massive Particles, particelle massive che interagiscono debolmente. DarkSide-50 è stato progettato per la ricerca di un tipo particolare di WIMP di grande massa, cioè maggiore di 50 GeV/c2.

 

La difficoltà più grande riguarda la capacità di identificare e quindi scartare il background, vale a dire quegli eventi che, essendo simili a un’interazione di WIMP (ma dovuti invece a particelle di natura nota, tipicamente radioattività ambientale), nasconderebbero il segnale. DarkSide-50, al termine di un periodo di presa dati di 530 giorni, conferma le altissime capacità discriminanti della sua tecnologia basata sull’argon, perché non è stato individuato nessun segnale nei dati raccolti. Questo fatto ci consente di concludere che la tecnologia adottata da DarkSide è in grado di distinguere con grandissima precisione tra le interazioni (rinculi nucleari) tipiche delle WIMP e quelle dovute alla radioattività naturale. Questo risultato rafforza quindi la convinzione che se un segnale, candidato a essere un evento di interazione della materia oscura con la materia del rivelatore, dovesse essere registrato in un esperimento ad argon più grande di quello attuale (come sarà il futuro DarkSide-20k), allora potremmo effettivamente concludere che è stato prodotto da una particella mai osservata prima.

 Oltre a questo, un secondo risultato, relativo a una nuova analisi degli eventi di ionizzazione a bassa energia, ha dimostrato che il rivelatore DarkSide-50 ha eccezionali capacità nella ricerca di particelle di materia oscura anche di massa più piccola (minore di 10 GeV/c2).

 

“I risultati presentati dalla nostra collaborazione – commenta Cristiano Galbiati, coordinatore internazionale della Collaborazione DarkSide-50 – rappresentano il modo migliore per iniziare l’avventura del futuro DarkSide-20k. I risultati di DarkSide-50 ci rendono, infatti, molto fiduciosi nelle nostre scelte tecnologiche e nella capacità di mettere in atto un promettente programma di scoperta”. Il cuore di DarkSide-50 è una camera a proiezione temporale a doppia fase ad argon (liquido e gassoso). Caratteristiche uniche di questo rivelatore sono l’impiego, appunto, di argon a bassissima radioattività, e il sistema attivo di veto dei neutroni, così efficiente da riuscire a identificare e quindi eliminare il background. “I risultati presentati coronano anni di ricerca italiana sulla tecnologia dell’argon liquido”, spiega Giuliana Fiorillo, responsabile per l’INFN di DarkSide e professore all’Università Federico II di Napoli. “Il gruppo impegnato nella costruzione di DarkSide-20k include 14 università in tutta Italia, 12 sezioni e 3 Laboratori Nazionali dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare”. “Si tratta di un’impresa che ci consentirà di guidare la ricerca diretta di materia oscura nei prossimi anni, come dimostra l’interesse che ha attratto in tutta la comunità mondiale attiva nel campo”, conclude Fiorillo. L’esperimento, frutto di una collaborazione internazionale cui partecipano istituzioni di Brasile, Cina, Francia, Italia, Polonia, Spagna, Russia, Ucraina e Stati Uniti d’America, è un prototipo del futuro esperimento DarkSide-20k. Rispetto all’attuale rivelatore, DarkSide-20k avrà una massa di argon liquido quasi mille volte maggiore, e questo potenzierà enormemente la sua capacità di scoperta di particelle di materia oscura. Gli scienziati dei quattro progetti LAr (tecnologia ad argon liquido) leader a livello mondiale per lo studio della materia oscura (ArDM a LSC, DarkSide-50 ai LNGS, DEAP-3600 e MiniCLEAN a SNOLab) hanno deciso di comune accordo di unire le forze, formando la Global Argon Dark Matter Collaboration (GADMC), per realizzare un singolo esperimento LAr di prossima generazione, DarkSide-20k, appunto, ai Laboratori INFN del Gran Sasso, dove è previsto entrare in funzione nel 2021.

 

Per lo sviluppo delle tecnologie richieste da DarkSide-20k, il Governo Italiano e le Regioni Abruzzo e Sardegna hanno approvato progetti speciali di R&D, mirati alla realizzazione in Italia dei rivelatori di luce (fotosensori) utilizzati dall’esperimento e alla produzione dell’argon a bassissima radioattività. In particolare, l’argon sarà estratto da sorgenti sotterranee in Colorado e purificato in un impianto installato nella miniera di Seruci nel Sulcis, in Sardegna.
 Mentre i fotosensori di silicio saranno interamente prodotti in Italia e assemblati nella Nuova Officina Assergi (NOA), il nuovo hub tecnologico dei Laboratori del Gran Sasso sostenuto dalla Regione Abruzzo.