Un team di ricerca internazionale guidato dalla Clemson University del North Carolina ha identificato le emissioni periodiche di raggi gamma provenienti da 11 galassie attive, aprendo la strada a futuri studi sulle galassie non convenzionali che potrebbero ospitare due buchi neri supermassicci loro interno. Lo studio è stato pubblicato sull’Astrophysical Journal lo scorso 19 giugno.

«In generale, i buchi neri supermassicci sono caratterizzati da masse di oltre un milione di volte quella del Sole – ha affermato Pablo Peñil, autore principale dello studio – alcuni di questi buchi neri supermassicci, noti come nuclei galattici attivi (Agn), sono in grado di accelerare le particelle vicino alla velocità della luce in raggi collimati chiamati getti. L’emissione generata da questi getti viene rilevata in tutto lo spettro elettromagnetico ma la maggior parte della loro energia viene rilasciata sotto forma di raggi gamma».

I raggi gamma vengono rilevati dal Large Area Telescope  dell’osservatorio Fermi della Nasa. I nuclei galattici attivi sono caratterizzati da brusche e imprevedibili variazioni di luminosità. Il team ha compiuto il primo passo nell’identificare un gran numero di galassie che emettono periodicamente raggi gamma nel corso degli anni e sta cercando di capire il meccanismo che si cela dietro il comportamento dei nuclei galattici attivi.

Il prossimo passo sarà la preparazione di campagne di osservazione con altri telescopi per seguire da vicino queste galassie e sperare di svelare le cause alla base di queste osservazioni.  «Abbiamo in mente alcune possibilità –  continua Marco Ajello della Clemson University –  dagli effetti prodotti dai getti alle modulazioni nel flusso della materia al buco nero – e una delle soluzioni  possibili è che la periodicità sia prodotta da una coppia di buchi neri supermassicci che ruotano l’uno attorno all’altro. Comprendere l’interazione di questi buchi neri con l’ambiente  circostante sarà essenziale per fornire un quadro completo della formazione della galassia».

Grazie a un decennio di osservazioni realizzate da Fermi-Lat il team è stato in grado di identificare la ripetizione dei segnali dei raggi gamma su cicli di alcuni anni. In media queste emissioni si ripetono circa ogni due anni. Lo studio rappresenta il lavoro più completo fino ad oggi sulla ricerca della periodicità nei raggi gamma e  sarà determinante nel ricavare intuizioni sull’origine di questo comportamento peculiare. Tra gli oltre duemila Agn analizzati solo una dozzina si distingue per questa peculiare emissione ciclica.

L’ampliamento del campione limitato di emettitori periodici costituisce un importante passo in avanti per comprendere i processi fisici sottostanti in queste galassie. «In precedenza solo due blazar hanno mostrato cambiamenti periodici nella luminosità dei raggi gamma. Grazie al nostro studio possiamo affermare con sicurezza che questo comportamento è presente in altre 11 fonti – conclude Sara Buson, dell’Università di Würzburg in Germania – inoltre abbiamo trovato 13 altre galassie con accenni di emissione ciclica. Ma per confermare  questo dato dobbiamo aspettare che Fermi-Lat raccolga ancora più informazioni».

 

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