E’ il satellite naturale più grande tra quelli della vasta ‘famiglia’ di Saturno e sta facendo parlare di sé per le regioni polari, caratterizzate da strutture geologiche che ricordano quelle dei vulcani terrestri: si tratta di Titano, protagonista di un nuovo studio curato da due istituzioni statunitensi – il Planetary Science Institute e la Brigham Young University – e supportato dalla Nasa. La ricerca, che si basa sui dati della missione Cassini, è stata illustrata nell’articolo “Morphologic Evidence for Volcanic Craters near Titan’s North Polar Region”, pubblicato su  Journal of Geophysical Research: Planets, rivista dell’American Geophysical Union dedicata alle scienze planetarie.

A quasi tre anni dal suo epilogo, Cassini – missione che ha visto la collaborazione di Nasa, Esa ed Asi – continua ad essere una miniera di informazioni per la comunità scientifica. Gli autori del saggio, infatti, hanno individuato le strutture vulcaniche di Titano analizzando le osservazioni radar effettuate dalla sonda. Questo aspetto accidentato caratterizza maggiormente il polo nord del satellite naturale e secondo gli studiosi sarebbe indicativo di un’attività vulcanica ancora in essere; l’estremo settentrione di Titano presenta una serie di depressioni i cui tratti (ad es., caldere annidate e orli scoscesi) sarebbero riconducibili al collasso di crateri vulcanici. I ricercatori hanno messo in relazione i crateri con i bacini polari, anch’essi osservati da Cassini, e ritengono questo abbinamento coerente con un’origine vulcanica: si sarebbero verificate delle eruzioni esplosive seguite da sprofondamenti che avrebbero portato alla formazione sia di caldere, sia di ‘maar’, ovvero depressioni di forma circolare occupate da un lago. Alcune di queste strutture presentano un look ‘giovane’, che potrebbe essere indicativo di fenomeni vulcanici avvenuti in tempi recenti e forse ancora in corso.

Lo studio, che sottolinea le somiglianze geologiche tra Titano e la Terra (per la presenza, ad es., di laghi, valli fluviali e dune), si sofferma anche sui fenomeni di criovulcanismo. Secondo il gruppo di lavoro, il calore interno della luna si manifesta con eruzioni di materiale ghiacciato più caldo e fluido di quello esistente in superficie; le strutture che derivano da tali processi, coerenti con formazioni vulcaniche della Terra e di Marte, sono tondeggianti, con orli rialzati e tendono a sovrapporsi. Gli studiosi ritengono, infine, che la presenza di tali elementi geologici nelle regioni polari di Titano non sia un caso: sono situati vicino ai laghi di metano e potrebbe essere stata proprio questa sostanza a dare il via alla loro formazione.

L’immagine qui sotto mette a confronto le strutture vulcaniche su Titano (in alto a sinistra), su Marte (in alto a destra) e sulla Terra (le due foto in basso) – Crediti: Planetary Science Institute