I massi e i blocchi di roccia che caratterizzano il terreno lunare si muovono in continuazione e il fenomeno  è stato osservato lungo, fin dai sorvoli delle prime sonde negli anni sessanta. Nel corso delle missioni del programma Apollo gli astronauti hanno esaminato alcune delle tracce lasciati dai massi e hanno portato sulla Terra alcuni campioni di roccia. Tuttavia,  fino a qualche anno fa, era complesso ottenere una visione d’insieme dei movimenti rocciosi e della loro posizione. 

Ora un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute e dell’Eth di Zurigo ha archiviato ed analizzato oltre due milioni di immagini della superficie lunare realizzando la prima mappa globale della caduta massi lunari, pubblicata sull’ultimo numero di Nature Communications.

«La stragrande maggioranza dei massi sulla Luna ha un diametro compreso tra sette e dieci metri –  spiega Valentin Bickel autore principale dello studio – le sonde inviate nei primi anni di esplorazione lunare non avevano la capacità di rilevare caratteristiche così piccole su scala globale. Solo nel 2010, con il Lunar Reconnaissance Orbiter (Lro) della Nasa siamo riusciti ad avere immagini con una risoluzione e una copertura maggiore. Per la prima volta questa mappa ci consente di analizzare sistematicamente la presenza e le cause delle cadute di massi su un altro corpo celeste».

Grazie ai dati di Loro gli scienziati sono riusciti a comporre una mappa della superficie lunare compresa tra 80 gradi di latitudine nord e sud che mostra 136.610 cadute di massi con diametri di oltre due metri e mezzo.

Secondo alcune teorie sviluppate in precedenza i terremoti lunari erano i principali responsabili del movimento dei massi. La nuova mappa globale invece indica che gli impatti degli asteroidi possono svolgere un ruolo molto più importante dei movimenti tellurici in questo fenomeno. In particolare questi ultimi sarebbero responsabili  – direttamente o indirettamente – di oltre l’80 percento delle cadute di rocce osservate. 

La maggior parte degli spostamenti avviene vicino alle pareti dei crateri e alcuni dei massi vengono spostati subito dopo l’impatto, altri molto più tardi. I ricercatori ipotizzano che gli impatti causino una rete di crepe che si estendono nel substrato roccioso sottostante. Parti della superficie possono quindi diventare instabili anche dopo periodi molto lunghi.

Sorprendentemente anche nei più antichi paesaggi lunari, che si sono formati fino a 4 miliardi di anni fa o anche prima, si possono rilevare tracce di caduta massi. Poiché tali impronte in genere scompaiono dopo pochi milioni di anni, queste superfici sono apparentemente ancora soggette a erosione dovuta alla caduta delle rocce anche miliardi di anni dopo la loro formazione.

«Apparentemente gli impatti influenzano e modificano la geologia di una regione su scale molto lunghe –  conclude Bickel – i risultati della ricerca suggeriscono che anche le superfici di altri corpi celesti senza atmosfera come Vesta o Mercurio potrebbero subire la stessa evoluzione».

Leggi lo studio su Nature Communications