Sono piuttosto comuni nella nostra galassia, le loro dimensioni sono simili a quelle di Nettuno e dovrebbero essere ricoperti da uno strato d’acqua, denso e profondo migliaia di chilometri: si tratta dei sub-Nettuniani, una famiglia di esopianeti che presenta ancora parecchi aspetti sconosciuti, come la struttura, la composizione e i cicli geochimici. Questi remoti mondi acquatici sono al centro di un nuovo studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (articolo: “Large H2O solubility in dense silica and its implications for the interiors of water-rich planets”); la ricerca è stata coordinata dalla School of Earth and Space Exploration dell’Arizona State University e ha cercato di far luce sulle caratteristiche chimiche dei sub-Nettuniani.

Allo stato attuale delle conoscenze, si ritiene che l’acqua e la roccia formino strati separati all’interno di questi mondi lontani e che il liquido, per il suo minore peso si trovi al di sopra. Gli autori dello studio sono convinti che le condizioni estreme di temperatura e pressione sulla linea di confine tra l’acqua e la roccia incidano profondamente sui comportamenti di questi due materiali. I ricercatori, per simulare questo scenario, hanno condotto una serie di esperimenti nel Lab for Earth and Planetary Materials dell’Arizona State University, utilizzando una cella ad incudini di diamante (Dac – Diamond anvil cell), un apparecchio che consente di produrre pressioni molto elevate e di analizzare il comportamento dei materiali ad esse sottoposti. Il team, quindi, ha immerso della silice nell’acqua, ha compresso il campione nella Dac e poi lo ha riscaldato con il laser. In quest’ultima fase sono state effettuate anche delle misurazioni a raggi X, per monitorare al meglio la reazione chimica tra la silice e l’acqua.

L’esperimento ha avuto come esito un’inattesa fase solida in cui silicio, idrogeno e ossigeno si trovano insieme e ha indotto gli studiosi a ipotizzare che la separazione tra acqua e roccia non sia così netta come si pensava: a pressioni e temperature elevate, invece, la linea di confine appare sorprendentemente indistinta in un composto intermedio. Il gruppo di lavoro ritiene che la scoperta svolga un ruolo importante nell’analisi della struttura, della composizione e dei cicli geochimici dei sub-Nettuniani e che possa schiudere nuovi scenari di ricerca su questi pianeti dotati di acqua, ma molto diversi dalla Terra.

Nella foto sotto, una cella ad incudini di diamante (Crediti: D. Shim – Arizona State University).