L’azoto è il gas più abbondante in atmosfera ed è il componente principale dell’aria che respiriamo. Esso si trova anche nelle rocce, comprese quelle nascoste in profondità all’interno del pianeta. Ma la sua origine resta ancora un mistero. Questo gas è presente dalla formazione terrestre o è arrivato sul nostro pianeta in un secondo momento? E in che modo l’azoto presente in atmosfera è collegato all’azoto che fuoriesce dai vulcani?

Fino ad ora, nel misurare i gas vulcanici è stato difficile distinguere tra le fonti di azoto provenienti dall’aria e quelle provenienti dall’interno del mantello terrestre.

Un team internazionale di scienziati ha ideato un nuovo strumento geochimico che potrebbe far fare luce sull’origine dell’azoto e di altri elementi volatili sulla Terra e rivelarsi utile per monitorare l’attività vulcanica.

Lo studio ha analizzato campioni di gas vulcanici di tutto il mondo, compresi quelli provenienti dall’Islanda e dal Parco Nazionale di Yellowstone, utilizzando un nuovo metodo di analisi degli isotopi di azoto. Questo metodo ha permesso al team di identificare le molecole di azoto che provengono dall’aria,  distinguendo così le reali composizioni di gas presenti in profondità, all’interno del mantello terrestre.

«Abbiamo scoperto che la contaminazione dell’aria stava mascherando la ‘firma originale’ di molti campioni di gas vulcanico», afferma il geochimico Peter Barry, coautore dello studio. «Una volta presa in considerazione la contaminazione dell’aria, abbiamo acquisito nuove e preziose informazioni sull’origine dell’azoto e sull’evoluzione del nostro pianeta».

I risultati rivelano che, con molta probabilità, l’azoto nel mantello è presente sin dalla nascita del nostro pianeta.

Lo studio fornisce nuovi strumenti per comprendere le origini degli elementi volatili sulla Terra, ma, come detto, può rivelarsi utile anche per il monitoraggio delle attività vulcaniche. Questo perché la composizione dei gas che provengono dai centri vulcanici varia prima di ogni eruzione; in futuro e con nuove metodologie,  le variazioni di azoto presenti nell’aria e nel mantello terrestre potranno fungere da segnale di possibili eruzioni.

Lo studio è stato pubblicato su Nature.