Ryugu, l’asteroide che per gli scienziati rappresenta un vero e proprio fossile del Sistema solare, potrebbe essere più giovane di quanto pensassimo. Lo suggerisce uno studio, pubblicato oggi su Science, che utilizza i dati della missione giapponese Hayabusa2 per stimare l’età dell’asteroide.

Scoperto alla fine degli anni ’90, Ryugu ha da subito suscitato l’interesse degli astronomi. La struttura dell’asteroide potrebbe infatti essere simile a quella dei primi oggetti celesti formati nella nebulosa solare primordiale, e costituisce così un importante tassello della storia del nostro sistema planetario.

Per svelare i misteri racchiusi sotto la superficie di Ryugu, l’agenzia spaziale giapponese Jaxa ha messo a punto la missione Hayabusa2.  Erede di Hayabusa, che ha raggiunto l’asteroide Itokawa nel 2005, la nuova sonda è partita alla fine del 2014. Dopo un viaggio di quasi quattro anni Hayabusa2 è arrivata a circa 20 chilometri da Ryugu. Un primo touchdown, avvenuto il 22 febbraio 2019, ha permesso un’operazione senza precedenti: la raccolta dei primi campioni del sottosuolo di un asteroide. Ulteriore materiale è stato prelevato durante il secondo incontro ravvicinato tra Hayabusa2 e Ryugu, l’11 luglio 2019. A completare il bottino del “drago” giapponese, le immagini raccolte da tre piccoli rover inviati sull’asteroide e dal lander Mascot, realizzato dall’agenzia spaziale tedesca Dlr in collaborazione con quella francese Cnes.

Al momento la sonda è impegnata nel viaggio di ritorno sul nostro pianeta. Il suo atterraggio nel deserto australiano è previsto alla fine del 2020. Ma in attesa di poter studiare il prezioso carico di Hayabusa2, la comunità scientifica sta già lavorando alacremente sulle immagini trasmesse dalla sonda. È di pochi giorni fa uno studio su Nature che inizia a delineare l’identikit di Ryugu, la cui struttura porosa ricorda quella di una spugna.

La nuova ricerca pubblicata oggi su Science, frutto della collaborazione di un team internazionale di scienziati coordinato dall’Università di Kobe, aggiunge un importante tassello: la possibile età dell’asteroide. Lo studio utilizza i dati raccolti durante una tappa cruciale della missione, la creazione di un cratere artificiale sulla superficie di Ryugu. Utilizzando lo strumento Small Carry-on Impactor (SCI), la sonda ha sparato un proiettile di rame poco più grande di una pallina da tennis. L’impatto ha prodotto un foro largo quasi 10 metri, da cui si è innalzato un pennacchio di materiale espulso. L’operazione è stata catturata in dettaglio dalle telecamere della navicella spaziale.

«Abbiamo utilizzato immagini raccolte dalla telecamera DCAM3 a bordo di Hayabusa2 – ha detto a Global Science Masahiko Arakawa, prima firma dello studio – che mostrano come i pennacchi di emissione sono cambiati nel tempo. Abbiamo anche usato le immagini raccolte dalla telecamera a navigazione ottica ONC-T, che mostra la morfologia del cratere».

Analizzando questi dati, gli scienziati sono risaliti a importanti informazioni sull’età di Ryugu. Secondo il team di ricerca l’asteroide sarebbe più giovane di quanto si pensasse: un ordine di grandezza intorno ai 10 milioni di anni.

«I lavori precedenti – continua Arakawa – stimavano l’età di Ryugu tra i 10 e i 150 milioni di anni, a seconda della forza superficiale dell’asteroide. Abbiamo scoperto che tale forza è talmente piccola da rendere la superficie di Ryugu quasi del tutto priva di coesione. Questo significa che l’età dell’asteroide è circa 10 milioni di anni».

L’età precisa dell’asteroide si potrà stimare soltanto con l’analisi dei campioni. «Quando Hayabusa2 ha effettuato il suo secondo touchdown – conclude Arakawa – ci aspettiamo che abbia raccolto campioni dell’asteroide senza l’influsso del clima spaziale». Questo significa che il bottino della sonda giapponese è particolarmente prezioso, perché permetterà agli scienziati di studiare un pezzetto reale della storia del nostro Sistema solare.

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