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Groenlandia, ghiacciai in picchiata

Un’area della Terra in sofferenza che ha perso oltre 3 trilioni di tonnellate di ghiaccio tra il 1992 e il 2018, una quantità sufficiente a far innalzare il livello globale del mare di 10,6 centimetri: si tratta della Groenlandia, la vasta isola danese, il cui stato di salute – monitorato dallo spazio – è al centro di uno studio appena pubblicato su Nature (articolo: “Mass balance of the Greenland Ice Sheet from 1992 to 2018”). L’indagine, che stima un rapido incremento della perdita di ghiaccio nell’ultimo decennio, è stata condotta dal gruppo internazionale di scienziati dell’Imbie (Icesheet Mass Balance Inter-comparison Exercise); il team è coordinato dall’Università di Leeds e vede il coinvolgimento dell’Esa e della Nasa.

Con il nuovo studio è stato realizzato il quadro più esauriente del decremento del ghiaccio sino ad oggi e per giungere a questo risultato sono stati combinati e messi a confronto i dati di una ‘squadra’ di satelliti, tra cui Cosmo-SkyMed dell’Asi; tra gli altri satelliti coinvolti, ricordiamo Ers 1 e 2, Enivisat e CryoSat dell’Esa, Sentinel 1 e 2 del programma Copernicus della Commissione Europea e IceSat della Nasa.

L’ultimo decennio è stato particolarmente critico per il ghiaccio della Groenlandia: nel periodo preso in esame dallo studio emerge chiaramente una perdita annuale più rapida che ha raggiunto cifre da record come 254 miliardi di tonnellate, mentre nei primi anni ’90 il valore si attestava sui 33 miliardi. L’anno più difficile in assoluto è stato il 2011, con una perdita da capogiro pari a 335 miliardi di tonnellate. Le osservazioni satellitari sono state impiegate principalmente per controllare i cambiamenti di volume, flusso e gravità nelle piattaforme glaciali e hanno mostrato come la perdita di massa sia stata la loro reazione ai cambiamenti ambientali. La conseguenza più preoccupante di questo fenomeno è l’innalzamento del livello dei mari, dato che è irreversibile in una scala temporale umana.

Il pericolo riguarda soprattutto le aree costiere, che sono più densamente popolate. Secondo gli autori, il nuovo studio potrà essere utile per effettuare delle proiezioni e approntare delle contromisure nelle zone più minacciate. I dati prodotti dal gruppo di lavoro, infatti, presentano uno scenario purtroppo coerente con il case study più critico prospettato nel 2013 dall’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), ovvero un innalzamento dei mari fino a 60 centimetri nel 2100 e 360 milioni di persone a rischio sulle coste. Se prosegue l’attuale tendenza – sostengono gli esperti – lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia comporterà il pericolo di maree disastrose per 100 milioni di persone entro la fine del secolo; ogni centimetro di innalzamento, infatti, corrisponde a sei milioni di persone potenzialmente sotto tiro.

Le osservazioni satellitari, insieme ai modelli climatici, mettono in rilievo numerosi fenomeni fisici che hanno aggredito differenti aree delle piattaforme glaciali. Il decremento si deve principalmente all’aria calda, che ha provocato lo scioglimento di superficie, e alle temperature oceaniche più elevate, che hanno accresciuto il movimento fluttuante del ghiaccio costiero. Secondo il team della ricerca, l’indagine evidenzia il ruolo fondamentale della tecnologia spaziale che consente di effettuare osservazioni costanti nel tempo e da un punto di vista privilegiato, e di integrare efficacemente modelli e simulazioni di laboratorio.

Nella foto in alto, il fiordo Mogens Heinesen nella Groenlandia sudoccidentale (Crediti: Benoit Lecavalier, Memorial University of Newfoundland). 

Il video dell’Esa che illustra lo studio

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.